Viaggi nell’aldilà

di Ludovico Polastri NDE( Near Death Experience) tradotto in italiano vuol dire esperienza in prossimità della morte. E’ questa una esperienza caratterizzata da molteplici vissuti, in particolare da esperienze extracorporee, chiamate OBE (Out of the body Experience). Si tratta di esperienze spontanee o indotte nelle quali il centro della coscienza del soggetto sembra occupare una posizione esterna e separata rispetto al corpo materiale. Non è dunque una esperienza definitiva che possa spiegarci cosa c’è nell’aldilà e se esiste in definitiva un aldilà. Nel mondo tibetano la facoltà di porsi al limite estremo della propria esistenza è attestata dalle esperienze di donne, chiamate delog, che significa coloro che ritornano dalla morte. Si racconta di donne che sono restate inanimate per settimane e al loro ritorno nel corpo hanno testimoniato di aver camminato sull’acqua, di aver attraversato muri, di aver visto popolazioni e paesi lontanissimi. Studiosi che negli anni 60 si sono interessati in maniera approfondita a questi fenomeni hanno cercato di ricondurli a credenze sciamaniche sopravvissute e tramandate fino ai nostri tempi. Secondo la tradizione del libro tibetano dei morti lo stato di bardo rappresenta lo stato tra la vita passata e quella futura. Nel bardo, la mente acquisisce un corpo mentale simile a quello del sogno ed ha il potere di raggiungere qualsiasi luogo, in qualsiasi momento senza alcun ostacolo. Nel caso in cui il morto non riesca ad allontanarsi definitivamente dalla propria esistenza e non riesca a raggiungere l’illuminazione in cui esso si senta come “come l’acqua di un fiume si congiunge con quella del mare” allora è destinato a ritornare nella forma di un’esistenza. Dunque anche le delog non riescono in definitiva a provare il post mortem in quanto non morte definitivamente. La credenza sciamanica (da sha-man termine tunguso che significa uomo di conoscenza), forse la più antica credenza che l’uomo ha ereditato dalla notte dei tempi della sua esistenza sulla terra, usa sostanze psicotrope per raggiungere stati alterati di coscienza in cui lo sciamano si inoltra al confine tra la vita e la morte. Questo il resoconto di una esperienza con uno sciamano dell’Amazzonia: “ le prime visioni sono geometriche, velocissime, turbinose, coloratissime, simili alcune a motivi decorativi come animaletti e pupazzi tipo cartoni animati. Poi gli sembra di avanzare nella giungla, i particolari sono enormi, i dettagli sono ingranditi e fantastici, come se lui fosse diventato un microbo. Non era solo un vedere ma un pensare diverso. A un certo punto gli sembra di alzarsi da terra per alcuni cm. Sente il terreno sotto di sè a volte in modo soffice a volte con dolore. Il corpo e’ pesantissimo e anche la coperta diventa insopportabile come se lo schiacciasse. I pensieri sono dislocati. Le visioni gli sembrano estranee, poi a tratti lo coinvolgono emozionalmente. La coscienza e’ trasparente, leggera, impalpabile e va e viene con le visioni. Il mondo esterno sparisce. C’e’ intorno come una rete scintillante che a volte sembra vibrare e avvolgerlo. Dietro la rete o dietro le visioni c’e’ una intelligenza viva e palpitante che e’ lì per lui per un compito che lo riguarda. Tutta l’esperienza e’ stata molto impressionante ”. Anche in questo caso, comunque, non si è riusciti a tornare dall’aldilà attraversando il diaframma dell’esistere e del non esistere.Il cordone ombelicale tra vita e morte non si è reciso definitivamente e il “risorto” non può testimoniare nulla di certo e veritiero. Plutarco, Proco, Platone, Erodono, Plinio raccontano di ritorni dall’aldilà a proposito di Rimarco, di Tespesio, di Eurino quest’ultimo risorto dalla morte dopo due settimane. Lo gnostico Dositeo, prima maestro e poi rivale di Simone, mago di Samaria, entrambi profeti e messia, secondo quanto riferisce Origene, sarebbe stato assunto in cielo ancora vivente, come Elia. Avrebbe sperimentato dunque quella che viene detta “piccola morte”, ossia un’esperienza diretta dell’aldilà. Tuttavia siamo ancora in attesa del suo ritorno. Come non ricordare nel vangelo la resurrezione di Lazzaro, che seppur tornato in vita non ricorda nulla di ciò che ha potuto vedere nell’aldilà ed ancora perché nessuno ha raccolto la testimonianza del giovane di Nain, della figlia di Giairo, anche loro risorti? Anche Tabia ed il giovinetto Eutico sembrerebbero essere risorti ad opera di Pietro e Paolo. Spiace che tutti questi risorti tacciano inesorabilmente. Lazzaro in tutto il vangelo non dirà più una parola. Anche ai nostri giorni queste esperienze vengono narrate e documentate. Ricordo il caso di Madame Gisky, medium francese, che ha sperimentato addirittura la propria morte raccontando che nel momento in cui è avvenuto il suo trapasso, a causa di una sua malattia, si è vista dall’esterno attraverso un “misterioso occhio” che riusciva ad esaminare il suo corpo, ed ancora in questo suo stato particolare gli è sembrato di “capire tutto”, di essersi resa conto che l’essere umano utilizza soltanto una minima parte della sua vita, e tutto appare “incredibilmente semplice”…Si tratta di una espansione della coscienza, di una coscienza “risvegliata”. Anche Madame Gisky, tuttavia ha dovuto tornare nel proprio corpo e non è andata al di là di descrizioni emozionali senza null’altro precisare. Interessanti invece sono le ricerche di un neurologo americano, di fama mondiale, Melvin Morse dell’Università di Washington, che ha condotto sperimenti e raccolto numerosissime testimonianze su bambini che hanno avuto l’ opportunità, causa malattie o imminenti decessi, di testimoniare il loro distacco, sempre parziale, della loro vita da questa terra. Sembra che i racconti abbiano come denominatore unico visioni e luci che si ripetono in tutti i casi. Prima il corpo diventa leggero, c’è un distacco dal fisico, si riesce a percepire se stessi fuori dal corpo, si imbocca un lungo tunnel in cui si intravede una sfolgorante luce. Molti di questi bambini hanno effettuato disegni e rappresentazioni di questi viaggi. Nessuno di loro aveva avuto influenze o conoscenze reciproche. Il dott. Morse ha deciso di effettuare indagini accurate su come si comporta il cervello in queste circostanze ed ha scoperto che il lobo frontale destro del nostro cervello è “cablato” per percepire immagini e sensazioni che appartengono al non reale, addirittura sembra che ivi risieda l’idea e la concezione di Dio, un fenomeno neurobiologico, parte integrante della chimica del nostro cervello. Colm Kelleher del National Institute of Discover Science ha elaborato un metodo scientifico, denominato ADN, che è in grado di monitorare nelle persone la loro capacità neuronale di attivare le zone del lobo frontale destro ed in quale intensità. Scienziati dell’Università dell’Arizona, in particolare il dott. Hammeroff, sono riusciti ad identificare delle proteine nel cervello in grado di facilitare esperienze extracorporee a livello subatomico. Dunque sembra provato che una zona particolare del nostro cervello sia responsabile di quattro azioni: fare da legante tra l’interno e l’esterno del nostro corpo, provare l’esperienza di Dio, gestire delle decisioni non logiche, stimolare la meditazione e la preghiera. Queste interrelazioni cerebrali sono state battezzate con un unico concetto: la “divina connessione”. La divina connessione può essere attivata dall’uomo stesso attraverso pratiche meditative o farmacologiche. Il dott. Dunne dell’Università di Princeton ha dimostrato che l’attività della preghiera attiva la zona cerebrale destra provocando alterazioni della coscienza, il dott. Persinnger, dell’Università Laurentian del Canada, ha stimolato sempre questa zona con impulsi elettrici provocando nei suoi pazienti esperienze paranormali che andavano dalla visione a distanza fino all’esperienza di Dio. Dobbiamo pertanto essere molto cauti e scettici su esperienze paranormali o addirittura di resurrezioni. Altrettanto dicasi per apparizioni mistiche, estasi, visioni di madonne o santi. Non è sufficiente in ogni caso sapere che altri sono risorti ed hanno sperimentato la morte per essere certi della nostra sopravvivenza. Questa certezza è per noi valida e realizzatrice solo se sarà possibile riprodurre anche in noi la stessa esperienza di morte e resurrezione che fu di Gesù. Non avendo noi l’esperienza della morte non possiamo essere certi della nostra sopravvivenza solamente perché lui è risorto. Le “esperienze per sostituzione”, le esperienze degli altri, come osserva Krishnamurti ( si veda i Discorsi di Saanen) sono utilissime, ma per noi scarsamente efficaci. Tuttavia va detto che noi diamo spesso per certo ciò che è comunemente accettato o, nel migliore dei casi, provato scientificamente. La prova scientifica che è universalmente accettata deve sottostare al parametro di riproducibilità. Se un evento si verifica una sola volta, ebbene, non è degno di essere considerato “vero”. Questa è una posizione limitatissima; basta pensare che non si è stato più in grado di riprodurre la vita dagli elementi primordiali da cui senz’altro proviene. Come altresì nessuno sa definire con precisione cos’è la materia, la realtà, l’anima, lo spirito. Non c’è certezza di nulla. In questo panorama non si può escludere neppure che i sogni, frutto della nostra mente siano del tutto reali in quanto è stato dimostrato che l’uomo partecipa direttamente alla creazione di ciò che vede e sente. Il mondo sub atomico ha già provato questa teoria, in quanto l’osservatore influenza direttamente il comportamento come nel caso della luce e di conseguenza del suo modo ambivalente di essere interpretata. Marianne Verneuil ritiene che “ a poco a poco il sogno ed il suo simbolismo stanno diventando un punto obbligato di passaggio verso la conoscenza della struttura dell’universo”. Forse un aldilà esiste se non altro perché abbiamo dovunque la sensazione del limite, perché cogliamo che l’aldilà non è soggettivismo folle. Esso, forse, è un dato di reale conoscenza.


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