Obama failure

L’opinione pubblica americana si trova attualmente divisa nelle scelte strategiche del paese ed il comportamento di Obama ne è l’esempio. Diciamo subito che dopo un anno di presidenza il bilancio non può che essere fallimentare. Buoni propositi, prediche a non finire, sorrisi e strette di mano a man bassa, un nobel alle intenzioni ed ora anche il desiderio di andare ad Hiroshima. 

Non è la politica di un presidente americano. L’America deve essere presente e fare da battistrada in compi strategici come ricerca, tecnologia, difesa, intelligence, energia. Non lo è più, o comunque non è più in grado di reggere il passo ed il fatto che nazioni come la Cina, che si sta sbarazzando delle montagne di dollari “debito” per acquistare petrolio ed assicurarsi le risorse del pianeta per il rilancio della sua economia, come altresì l’acquisto di ingenti quantitativi di oro da parte dell’India, testimoniano che la fiducia nello Zio Sam sta scemando sempre più.

Gli americani non solo sono divisi su che fare a proposito di sistema sanitario, debito pubblico, mercati finanziari, cambiamento climatico e molto altro ma si sta profilando anche una crisi di governance che va oltre le divisioni tra gli schieramento e l’ideologia. Le lacune che sono rimaste e che stanno pesando sul paese a stelle e strisce affondano negli attacchi dell’11 settembre, causati dall’inscipienza di un Bill Clinton che aveva lasciato andare allo sbando un’istituzione governativa come l’FBI e la CIA che non ha saputo prevenire ed interpretare segnali preoccupanti che già da tempo si stavano manifestando. La Lewinsky lo aveva indebolito troppo. Ma neppure sua moglie è molto valida come segretario di stato, una delle cariche strategiche in qualunque amministrazione americana. Mi sembra ridotta ad ambasciatrice dell’Unicef, piuttosto che personalità rispettata e anche da temere. Ricordo anche l’uragano Katrina, che non è stata solo una calamità naturale ma la cartina tornasole dell’incompetenza dell’amministrazione Bush nel prevedere e gestire un evento di cui il sud del paese sta ancora pagando un prezzo salatissimo.

L’occupazione in Iraq ed una guerra sanguinosa e di fatto persa come quella in Afghanistan stanno rivelando l’inadeguatezza dei vertici militari. Il marine non è più il soldato di riferimento, è diventato invece l’emblema del soldato ipertecnologico che può essere sconfitto da un mandriano con un kalashnikov. Non solo, secondo alcuni esperti, le procedure di approvvigionamento e gestione dei programmi militari sono così frammentarie da compromettere la sicurezza nazionale: gli Stati Uniti stanno acquistando armamenti inutili, difettosi e costosi. E la lista potrebbe continuare. All’America serve una migliore conoscenza scientifica di questi fallimenti pervasivi del sistema. I governi di altri paesi gestiscono con più successo investimenti strutturali, sistemi sanitari e risorse ambientali a quanto pare con maggiore flessibilità e competenza. C’è da rimettere in gioco l’essenza stessa della tenuta sociale.

A questo sfacelo hanno contribuito diversi fattori. Uno di questi è stato senz’altro la privatizzazione delle funzioni di controllo del settore pubblico. Le aziende di Wall Street hanno troppa influenza sugli enti di controllo governativi, così i comportamenti pericolosi non sono stati contenuti. Obama ha fallito nel non imporsi e ha lasciato la presa troppo presto. Chi ha sponsorizzato la sua elezione, ovvero le potenti lobby assicurative e militari gli hanno già detto chi comanda in realtà. Lui è solo il loro gioppino. L’amministrazione Obama ha enunciato principi generali ammirevoli, ma spesso senza obiettivi chiari e strategie operative con cui raggiungerli. In Parlamento la pianificazione è stata sostituita con lobby ed accordi sotto banco incomprensibili per l’opinione pubblica americana..

I cittadini sembra abbiano capito che questo governo sia solo una bella facciata ma di fatto diffidano nel concedere più fondi al governo ben sapendo, memori dell’attuale crisi economica che andrebbero a finire nei manager delle lobby che detengono il potere reale in America. Mettere una pezza non sarà sufficiente. C’è bisogno di una rivoluzione nel sistema pubblico di gestione per riprendere il comando sui processi di controllo, ripristinare la pianificazione, finanziare manager capaci ed allineare questi sistemi con strategie olistiche, ed Obama non è la persona che lo potrà fare.

Ludovico Polastri

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