Non so se vi fermate mai a riflettere su che gerontocrazia ci governi.
Non solo abbiamo una oceanica maggioranza di arzilli vecchietti come massa di sfondamento parlamentare ma anche in ogni ramo della cosiddetta societa’ civile un vispo dirigente quarantacinquenne viene visto come una promessa, come un brillante imprenditore, come un giovine che si fara’…etc etc.
Abbiamo President… (continua). i dei Giovani imprenditori ( spesso figli di pap… d’arte) piu’ vicini ai quaranta che ai trenta, tanto che poi passano direttamente a Presiedere Confindustria , pochi anni dopo.
Il risultato e’ che quelli che vogliono far carriera, dovendo crescere in mezzo alle cariatidi, devono assumerne sembianze, movenze e modi di pensare.
Non hanno, non portano, idee, in buona sostanza.
Ripetono eternamente, la solita solfa: ci mancano le infrastrutture, ci mancano le grandi opere, ci mancano i finanziamenti e, soprattutto, bisogna tagliare i costi del lavoro.
A parte il fatto che, forbice fiscale o meno, i lavoratori italiani sono ormai tra i meno pagati in Europa, il punto fondamentale e’ che il costo del lavoro e’ solo una parte minoritaria del costo del prodotto finito. In Europa non potrebbe essere altrimenti.
Le aziende dove questo costo era percentualmente importante, infatti hanno, quasi senza eccezione, delocalizzato in paesi dove le paghe fossero risibili.
Vi sto dicendo cose note, autoevidenti ma lo faccio per portarvi al punto.
Il punto e’ questo: poniamo di passare direttamente alla servitu della gleba, a far lavorare i lavoratori in cambio di un pasto caldo e un tetto sopra la testa.
Senza contributi, senza garanzie. E’ la situazione che vivono molti irregolari in Italia e centinaia di milioni di persone nel mondo.
Basterebbe questo improvviso salto nel medioevo in salsa liberista a risolvere i problemi delle nostre aziende?
Ovviamente no.
Intanto a livello di sistema paese.
I Salari pesano sempre meno perfino in termini di economia generale.
Da alcuni anni in Italia crescono i redditi da profitto, mentre quelli da stipendio parallelamente calano.
Gia’ questo grafico la dice lunga sulla scarsa redistribuzione ai lavoratori dei redditi delle imprese, almeno negli anni passati, in cui erano chiaramente crescenti.
Ma andiamo oltre.
Che i salari Italiani siano i piu’ bassi in Europa non e’ una novita’, eppure Confindustria continua a parlare della necessita’ di una maggiore flessibilita’ (PiGrecoMezzi non basta evidentemente), di una diminuzione dei costi del lavoro, degli oneri contributivi…etc etc.
Il costo del lavoro in termini REALI si e’ ridotto, eccome, in tutta Italia, perfino nelle Regioni piu’ ricche e floride.
Il punto e’ che non e’ tanto il costo del lavoro che e’ alto ma la redditivita’, l’efficienza di questo lavoro che e’ bassa.
Le imprese NON investono in innovazione ( del resto sono sulla linea dell’intero sistema paese, con i continui e bipartisan tagli all’istruzione, alla ricerca, all’Universita’) ed il risultato piu’ eclatante e’ che siamo in fondo alla graduatoria del valore aggiunto per addetto, con un trend in peggioramento anche solo in termini relativi ( in termini assoluti la Germania, ad esempio ci straccia)
Eppure siamo fanalini di coda, in compagnia della solita Grecia, dell’Irlanda e della Spagna per il CLUP, ovvero per il Costo del Lavoro per Unita’ di Prodotto, ULC in Inglese.
QUINDI non dipende dal costo del lavoro se il valore aggiunto per addetto cala, come non dipende dal costo del lavoro se non siamo competitivi.
Ah, certo: la colpa e’ della scarsa flessibilita’ degli operai, che, quando gli affari vanno male, sono curiosamente restii ad esser messi in mezzo ad una strada, cosi contribuendo a peggiorare ANCORA la redditivita’ del loro lavoro.
Il punto e’ che in quasi tutta Europa gli stipendi sono piu’ alti, i costi del lavoro per Unita’ di prodotto sono piu’ alti, EPPURE le imprese sono piu’ competitive.
IL fatto che il reddito da capitale stia salendo vertiginosamente come % del PIL spiega una cosa ed una sola: Sono gli imprenditori, in primissimo luogo che NON INVESTONO, che preferiscono non distribuire ai propri dipendenti una quota crescente del reddito e della ricchezza prodotta, preferendogli i propri azionisti di riferimento.
Mettiamo pure che sia semplicistico, questo POst.
Non potrebbe essere altrimenti, visti gli spazi i tempi e le competenze a disposizione del povero blogger.
Resta il fatto che non se ne puo’ piu’ di sentire tutti dare la colpa a tutti gli altri per le rogne.
Una assunzione di responsabilita’ CI VUOLE:
Cominciassero, in primo luogo, gli imprenditori, visto che da questa dipende anche il futuro delle loro aziende.
L’atteggiamento, lo vediamo e’ invece gerontocraticamente sempre lo stesso, gli oneri fiscali, la scarsa flessibilita’, mancano le infrastrutture…
Qualcuno poi e’ oltre la vergogna, avendo il coraggio di andare in tv a spiegare quanto sia d’accordo con questa analisi, salvo poi evadere alla grandissima, salvo poi sfruttare in modo indecente.
Fino a che lo dice solo Saviano, che la criminalita’, il malaffare, la corruzione sono UN ENORME COSTO per la collettivita’ andremo da poche parti, questa e’ la verita’.
Nei tanto vituperati Stati Uniti si rischiano decenni di carcere, come e’ noto, ad evadere le tasse.
Da noi conviene: accumulare al nero, mettere il contante e/o titoli al portatore in una bella valigetta, passare il confine, ripassarlo e usufruire dello scudo fiscale.
Si paga il 5% di tasse, meno che in qualunque paradiso fiscale del MONDO e si e’ posto.
Ah, una ciliegina finale: le imprese si lamentano, si lamentano sempre degli intollerabili oneri fiscali che devono sopportare ma….potete verificare da soli che le cose NON stanno cosi.
Ancora una volta: e’ questione di coraggio. Di ammettere che la COLPA e’ ben distribuita e Confindustria deve assumersene la sua importante fetta, pena il precipitare della situazione.
Coraggio.
Chi non ce l’ha, ed ai vecchi dentro succede spesso, non se lo puo’ dare.
Il Coraggio non basta, ci vogliono poi le idee.
Ma senza l’uno le altre restano sulla carta.
(Tratto da: http://informazionesenzafiltro.blogspot.com)
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