Putin ha parlato ieri davanti ai deputati, nell’annuale discorso «sullo stato della Federazione» (rinviato di un giorno proprio per le esequie di Eltsin) toccando una lunga serie di argomenti di politica interna: ma il tono di fondo, subito notato dai media russi e da quelli internazionali, è stato dato da un’asprezza antioccidentale che si è spinta oltre le già dure parole usate in febbraio e definite allora «un ritorno alla guerra fredda».
Il presidente russo ha accusato gli europei e soprattutto gli americani di «ingerirsi negli affari interni della Russia con il falso pretesto della democrazia» e con finanziamenti destinati a organizzazioni con finalità politiche (diverse ong americane sono oggi sospese e sub judice in Russia); «ci sono forze – ha aggiunto – che non disdegnano i mezzi più sporchi per fomentare l’odio religioso e inter-etnico nel nostro paese». Obiettivo di tali imprecisate forze, «continuare a saccheggiare le nostre ricchezze nazionali come in passato», «privare il nostro paese della sua indipendenza economica e politica»: da qui l’annuncio – piuttosto pretestuoso a dir la verità – di una nuova stretta contro «tutti gli estremisti» e coloro che «minacciano la stabilità».
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