La notizia di questi giorni è una sola: l'annuale rapporto ONU sulla fame. Ogni anno di questi tempi si tirano le somme del più grande, se non più infame, genocidio compiuto, ma ancora in corso dalla storia umana [di Nemesi – Reporter Associati].
Da tempo abbiamo teorizzato e stabilito la categoria dei reati omissivi, prevediamo l'omissione di soccorso che conduce alla morte di qualcuno, come prevediamo l'omicidio, e in tutte le culture lo puniamo; e lo puniamo tanto più pesantemente quando l'autore dell'omissione non corra rischi, o gli sia agevole l'atto salvifico. Il fatto che questa comunicazione sia ricorrente, e quasi scontata nella nostra esperienza, ce lo rende forse familiare, e ci facciamo poco caso. Periodicamente, a distanza di una quindicina d'anni un sottile brivido per questa vergogna percorre le opinioni pubbliche e provoca sussulti nelle coscienze.
Siamo nel 2004 e quindi ben lontani dal prevedibile brivido del 2015. Di solito basta qualche roboante evento bene organizzato, per provocare il salutare salasso nei risparmi e nelle coscienze dei sensibili, consentendo loro di accedere alla giving-therapy generando un discreto flusso di cassa a beneficio dei fornitori, della felicità dei media e di qualche disgraziato ricevente mostrato in giro come simbolo del Fortunato Benificato.
Che di questo si sia trattato in occasione della proclamazione del Millennium Development Goal (obiettivi per lo la lotta al sottosviluppo e alla povertà ) da parte dell'Assemblea Onu, quanto per il ben meno pretenzioso Feed The World, ce lo dice la crudezza dei dati: i mutamenti sono stati finora insensibili nell'arco di vent'anni.
Il Millennium Development Goal è un piano sottoscritto solennemente da tutti i governi del mondo, e ha altri sette obiettivi fondamentali, non molto meno ambiziosi. Il bello, o meglio, una di quelle cose così accertate da non venir neanche discusse e quindi dimenticate; è rappresentato dal fatto che cause e soluzioni di questo massacro le conosciamo nel dettaglio. Se esiste una cosa che nell'organizzazione delle Nazioni Unite riescono a fare, sono gli studi ed i rapporti; una montagna di studi e rapporti che dicono due cose molto semplici:
– Ogni anno muoiono tante persone per fame quanti ne morivano durante la seconda guerra mondiale per i combattimenti, e la gran parte sono bambini. Inoltre più di ottocento milioni di persone sono stabilmente sottoalimentate.
– Accanto a questo esiste la possibilità di nutrirli tutti, sul piano delle risorse alimentari disponibili, con un costo assai inferiore a quello che si spende a soccorrerli e alle risorse che vengono destinati a tamponare gli effetti sociali e sanitari nei paesi colpiti dal fenomeno.
Il Rapporto ci dice anche che i Paesi Donatori hanno donato di meno, tra questi il nostro in maniera clamorosa, dovevamo tagliare le tasse e da qualche bisognava pur tagliare, esattamente come è stato fatto l'anno prima. Il Rapporto ci dice anche un sacco di altre cose, e strappa l'ironia amara quando con una catena di equivalenze si nota tra le righe che una riduzione del 10% della carne nella dieta di una americano medio, comporterebbe una riduzione del cibo per i bovini ormai inutili, che basterebbe a sfamare tutti gli affamati.
Il fatto che l'americano medio poi inclini verso l'obesità , malattia sociale e dai costi di cura iperbolici, rende ancora più evidente come la questione non dipenda dalla disponibilità di cibo, ma dalla sua distribuzione. Ma veniamo un attimo al capo d'accusa iniziale e integriamolo con il dato della quantità di donazioni sufficienti a risolvere il problema a livello di risorse, la quantità necessaria a sfamare tutti e ad organizzare il banchetto di fronte al Fortunato Beneficato, da questo discorso teniamo fuori i territori in guerra o inaccessibili per qualche divieto. Questo dato è inferiore all'1% del prodotto dei Paesi Donatori.
Paesi che in occasione del MDG si erano impegnati a dimezzare l'olocausto annuale entro il 2015, e che ora vedono allontanarsi l'obbiettivo semplicemente perché non danno. Posto che entro il 2015 si riesca a raggiungere l'obiettivo che rappresenta la metà di quello che si poteva fare già venti anni fa, resta da chiedersi quali oscure ragioni impediscano di salvare ora cinque milioni di vite umane ogni anno e di togliere dalla fame e dalla disperazione quasi un miliardo di umani, che in quanto affamati ormai non possono neanche essere in grado di risollevarsi in alcuna maniera, e infatti il loro trattamento come malati costa molto di più di quanto avrebbe costato sfamarli.
A questa curiosità di solito si oppone la considerazione che dice che il problema è politico. Verità indiscutibile essendo formalmente i rappresentanti politici dei Paesi Donatori i soli che possono e devono risolvere il problema, che è banale e si risolve in un verbo, pagare. Non pagando provocano cinque milioni di morti, e ottocento milioni di feriti dalla fame, ogni anno.
Il nostro paese è un Paese Donatore, e non per italica benevolenza, ma perché la medaglia della sesta economia mondiale vuole che si contribuisca di conseguenza. Quindi il nostro paese è al sesto posto, come responsabilità , nel dovere di salvare quelle vite e quei sofferenti insieme agli altri Paesi Donatori. Ma può essere l'avidità mondiale , peraltro concentrata su una cifra modesta paragonabile al costo di una portaerei, o al risparmio su insani consumi e comunque su cifre quasi insignificanti, la ragione di questo olocausto? IL motivo per il quale i buoni cittadini, le opinioni pubbliche tanto influenti, non riescono a far si che i loro rappresentanti mettano fine al massacro, non attiene alla loro malvagità , ma ad un sistema perverso.
In realtà le guerre e i morti di fame turbano il consumo, le coscienze, e forse pure certi equilibri,e non solo; quindi anche i media sono, a loro modo, costretti a tacere e a limitarsi a questioni più interessanti per il pubblico e meno foriere di problemi, l'entusiastica fuga verso il presepe o verso le Lecciso, testimonia la loro capacità di imporre i temi, e forse anche la necessità della “comunità parlante”, o classe parlante, di evadere verso argomenti sui quali si può tranquillamente dire quel che si pensi; infatti il gossip e lo sport non mancano di fiere sfide dialettiche, nelle quali eccelsi moralisti menano come fabbri.
Nessuno tra i politici italiani ha questo tema nella sua agenda nazionale, nessuno persegue questo obiettivo se non nominalmente perché non rende. Non rende perché ormai è banalizzato dai media, non rende perché nessuno potrà mai “ringraziare” in alcuna maniera chi si è affaticato, non rende perché, appunto, le opinioni pubbliche se ne ricordano una volta all'anno, e se disgraziatamente la pubblicazione del Rapporto cade in mezzo alla polemica sul Presepe ci si risparmiano anche le penose tavole rotonde con i penitenti ed i missionari. Non è solo e semplice menefreghismo, perché chi possiede i mezzi di comunicazione potrebbe facilmente fare molto di più che mostrare lo stravisto affamato, di solito nero, all'ora di pranzo, da schivare virando l'occhio sul piatto.
Guerre e morte fanno audience altissime, ma è concessa solo una dose limitatissima di realtà ed in genere viene scelta accuratamente per altri scopi. Quel che ne pensa la nostra comunità finanziaria è noto, dal Governatore della Banca d'Italia in giù si ritiene che la crescita economica di paesi affamati provvederà a risolvere il problema, penserà a tutto la Banca Mondiale, i cui funzionari sono ormai costretti a viaggiare in incognito nei paesi che hanno devastato con le loro terapie di shock.
Pretesti
Da tempo abbiamo teorizzato e stabilito la categoria dei reati omissivi, prevediamo l'omissione di soccorso che conduce alla morte di qualcuno, come prevediamo l'omicidio, e in tutte le culture lo puniamo; e lo puniamo tanto più pesantemente quando l'autore dell'omissione non corra rischi, o gli sia agevole l'atto salvifico. In teoria saremmo tutti colpevoli, in associazione. Chi per aver taciuto, chi per non aver agito potendo, fino a chi non ha saputo ascoltare, chi per toccato con mano il problema e non averlo strillato per le strade, fino a chi se ne frega.
Non so di quante morti porterò in proporzione la responsabilità durante la mia vita da italiano, ma gia una mi parrebbe troppa da sopportare, come è difficile sopportare che ai nostri bambini vengano imposte queste visioni come inevitabili, come è atroce dover vivere sapendo che ogni 6 secondi muore un uomo per una questione di vil denaro. Di certo non potremo mai dire che non sapevamo, che non sapevano, che non è stato possibile fare diversamente.
Millennium Goals
Gli obiettivi di sviluppo della Dichiarazione del Millennio sono:
1. Sradicare la povertà estrema e la fame
2. Raggiungere l'educazione primaria universale
3. Promuovere l'eguaglianza fra i sessi e le opportunità delle donne
4. Ridurre la mortalità infantile
5. Migliorare la salute materna
6. Combattere l'AIDS, la malaria e le altre malattie infettive
7. Assicurare la sostenibilità ambientale
8. Sviluppare la partnership globale per lo sviluppo
Collegati a questi obiettivi sono stati individuati per ognuno di essi dei target da raggiungere entro il 2015 ed è stato avviato un sistema di monitoraggio e valutazione su base annuale, che vedrà inoltre nel settembre 2005 la realizzazione di un momento di verifica e di eventuale rinnovato impegno a livello politico nel quadro dell'Assemblea Generale dell'ONU.
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