Giustizia, non pane

«Se la fame si nutrisse di parole il mondo sarebbe già sazio» è lo slogan polemico preferito da padre Giulio Albanese, missionario e presidente di Misna, l”agenzia d”informazione dei missionari. Secondo i dati Fao 852 milioni di persone muoiono di fame. Ma 31 paesi poveri stanno alzando la testa ed hanno ridotto la percentuale degli affamati cronici.
In un intervista Padre Giulio rivela il suo pensiero sulle ingiustizie di cui sono complici i paesi del nord del mondo.


Padre Albanese cose ne pensa?

Sono lutti dati da prendere con il beneficio di inventario, perché sono cifre che hanno una forte valenza politica. Prendiamo l”Angola, segnalato tra i paesi in ripresa. Da due anni c”è la pace, ma dieci milioni di abitanti combattono ogni giorno non solo per il cibo ma anche con 15 milioni dì mine antiuomo disseminate sul territorio.

Come si può risolvere la situazione?

Il problema di fondo è che ci sono dei Paesi dove la situazione economica, grazie a privatizzazioni e investimenti di alcuni paesi ocridentali, registrano una crescita del prodotto interno lordo. Ma ciò non significa che questa ricchezza raggiunga i ceti meno abbienti.

Per questa ragione i dati della Fao sono allarmanti?

Il problema della povertà va affrontato in una logica diversa rispetto all”approccio tradizionale. Noi siamo molto paternalisti nelle ricette, guardiamo i poveri dall”alto verso il basso, considerandoci dei benefattori. Ma quello che chiedono i poveri del terzo mondo non è beneficenza, è giustizia. Perché c”è un grande paradosso: la stragrande maggioranza di questi paesi è ricca, potrebbero essere dei veri e propri eldorado. Ma sono sempre considerati in via dì sviluppo perché non si ha il coraggio di affrontare politicamente le cause che determinano questa situazione.

Padre Albanese per lei quali sono le cause?

Pensiamo al grosso appetito che cӏ per il controllo delle materie prime.

Mi faccia un esempio.

Sono stato per dieci giorni in Sierra Leone, il Paese più povero del mondo eppure ricchissimo di diamanti e rutilio. Quest”ultimo, una lega naturale, di culumbio e tantalio, viene utilizzato nella telefonia e nella tecnologia bellica. A Bumbuna, nelle paludi, viene estratto il rutilio che viene venduto a mercanti americani a 600 leones, ovvero 29 centesimi di euro a tazza. Questo è vero terrorismo economico da parte dell”Occidente che Continua a depredare l”Africa. O si rivedono le regole del commercio mondale e si permette a questi Paesi di poter entrare sul mercato internazionale, o resteranno sempre ai margini. Se non si affrontano tutte le problematiche nella loro complessità , quello che si fa sarà sempre e solo un palliati vo. Si continua a privatizzare l”Africa, ma non servirà . Noi dobbiamo capire che abbiamo un destino comune. Non ci sono le frontiere: un Africa che sta bene inevitabilmente condiziona positivamente il Nord del mondo.

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