Sistema sanitario tra sottofinanziamento e sprechi

Il varo della Finanziaria si accompagna anche quest”anno, come sempre dall”istituzione del sistema sanitario nazionale, alle contrapposizioni fra chi domanda più risorse per la sottofinanziata sanità e chi imputa la crescita del fabbisogno prevalentemente a sprechi. àˆ possibile, partendo dai dati a disposizione, fare un po” di luce sulla diatriba?


La tesi del sottofinanziamento
Gli 88,2 miliardi di euro destinati dalla Finanziaria per il 2005 al Ssn rappresentano un incremento dell”8,4 per cento rispetto allo stanziamento per il 2004. Se però si considera la spesa del 2004, il quadro si modifica radicalmente. Seguendo lo stesso Dpef 2005-2008, tale spesa ammonterebbe a 89,6 miliardi: vale a dire, 1,4 miliardi in più rispetto allo stanziamento per il 2005.
Le risorse per il 2005 sono allora addirittura inferiori alla spesa 2004? Secondo il Tesoro, non è così. Lo stanziamento 2005 coinciderebbe con un incremento del 2 per cento rispetto alla spesa sanitaria effettivamente imputabile al 2004.
àˆ sufficiente? Da un lato, vi è un problema nel livello del finanziamento.
Come rileva il Servizio Bilancio della Camera, il Tesoro non ha specificato le modalità di calcolo adottate per stimare la spesa imputabile al 2004. Una possibilità è l”avere depurato dalla spesa complessiva gli oneri pregressi per il rinnovo del contratto del personale dipendente (le una tantum). In assenza di indicazioni, però, è impossibile valutare l”adeguatezza della stima. Inoltre, resta aperta la questione dei deficit accumulati per i molti oneri non coperti dalla Finanziaria 2004, fra cui quelli relativi al rinnovo delle convenzioni oltreché del contratto. Tenerne conto, secondo le Regioni, richiederebbe un incremento minimo di 4-5 miliardi per il 2005, pena il collasso del Ssn. Infine, i dati finora elaborati dal tavolo di monitoraggio sui livelli essenziali di assistenza indicano un fabbisogno di risorse superiore alla spesa effettuata. Nel 2002, ad esempio, il costo dei Lea sarebbe stato di 81,5 miliardi a fronte di una spesa di 79,4. Tali dati sono certamente carenti, anche a prescindere da una valutazione sull”appropriatezza delle prestazioni. Un”eventuale inappropriatezza, però, non necessariamente comporta costi in eccesso. Al contrario, potrebbe implicare costi in difetto, qualora associata alla non erogazione di prestazioni con un profilo beneficio/rischio positivo.
Dall”altro lato, vi è un problema nel tasso di crescita. Adottare anche per gli anni a venire il tasso del 2 per cento significa richiedere alla spesa del Ssn di crescere meno del Pil nominale, obiettivo ritenuto irrealistico dall”accordo dell”8 agosto 2001 siglato dallo stesso Governo in carica (nonché dal decreto legislativo 56 del 2000).
Come per tutte le componenti della spesa pubblica, anche per la spesa del sistema sanitario non esiste un tasso di crescita ottimale. Negli anni Novanta, l”incidenza della spesa del Ssn sul Pil è passata dal 6,5 per cento nel 1991 al 5,2 per cento nel 1995, anno in cui la spesa è diminuita anche in valore assoluto, e ciò non sembra avere comportato effetti negativi per la popolazione. Il punto è che, in tutti i paesi industriali avanzati, l”innovazione tecnologica, i mutamenti demografici e l”incremento del reddito tendono, nel medio periodo, a fare crescere la spesa sanitaria più del Pil.
Il che non significa doversi inevitabilmente aspettare tassi di crescita incontrollabili. Al contrario, tassi elevati possono essere il frutto di decisioni politiche piuttosto che di dinamiche spontanee della spesa. àˆ questo, in parte, il caso dell”incremento dell”11 per cento della spesa del Ssn verificatosi in Italia fra il 2000 e il 2001, al quale ha contribuito l”aumento di oltre il 10 per cento della spesa farmaceutica prodotto dall”abolizione dei ticket sui farmaci (appunto, nel 2001). In ogni caso, nonostante questo e i più complessivi incrementi del periodo post 1995, solo oggi l”incidenza della spesa del Ssn sul Pil è tornata ad essere quella del 1991.
D”altra parte, bisogna anche riconoscere che, alla luce delle dinamiche spontanee della spesa sanitaria, adottare come obiettivo pluriennale un tasso di crescita addirittura inferiore a quello del Pil rischia di compromettere la tenuta del Ssn. Dunque, una questione di sottofinanziamento appare presente.

Gli sprechi
Le Regioni mostrano, tuttavia, una capacità assai diversa nel controllo della spesa.
Quattro regioni – Lazio, Campania, Piemonte e Sicilia – sarebbero responsabili di oltre il 75 per cento del deficit complessivo stimato per il 2003 (anche Valle D”Aosta e province autonome presentano deficit elevati, che, però, non gravano sui conti della sanità ). Passando al 2004, il 99,8 per cento dello sfondamento della spesa farmaceutica sarebbe imputabile a sei regioni – Lazio, Sicilia, Campania, Puglia, Calabria e Sardegna. Assai diversi anche i trend: la Campania, ad esempio, sembra avere imboccato un cammino di progressivo miglioramento, mentre un peggioramento si è verificato nel Lazio. Addirittura, alcune Regioni devono ancora spendere fondi per l”edilizia disponibili dalla fine degli anni Ottanta. Osservazioni simili valgono per i dati di attività . Ad esempio, il ricorso al day hospital per le prestazioni che il decreto del 29-11-2001 sui livelli essenziali di assistenza individua a rischio di inappropriatezza se erogate in regime di ricovero ordinario, supera il 50 per cento in Liguria, mentre non raggiunge il 14 per cento in Molise. Dunque, anche sprechi appaiono presenti.
Al riguardo, la Finanziaria per il 2005 reitera essenzialmente misure già esistenti e lascia sostanzialmente immutato il nodo della responsabilizzazione regionale nel contrastare gli sprechi. La possibilità di licenziare i direttori generali inadempienti, ad esempio, era già prevista dalla legge 405 del 2001. Una novità è stata introdotta dall”approvazione in Commissione di un emendamento della Lega a favore della responsabilizzazione totale delle Regioni che sfondano il tetto di spesa farmaceutica. Benché la normativa attualmente in vigore desti perplessità , accollando il 60 per cento dello sfondamento a misure a carico di tutta la collettività , l”inasprimento proposto dalla Lega rischia, però, di rivelarsi poco efficace, data la natura costituzionale del diritto alla salute. Le sanzioni devono essere credibili e un inasprimento meno pronunciato potrebbe essere preferibile.

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