Lettera a un kamikaze

Il prof.  Khaled Fouad Allam“Lettera a un kamikaze” è un breve saggio in forma di lettera di Khaled Fouad Allam. Il libro invita tutti a riflettere su numerosi brani tratti da testi classici della tradizione islamica, primo fra tutti il Corano, e a trarre da tale lettura la conclusione che il messaggio dell”islam non è d”incitamento alla violenza, bensì all”ascolto, all”apertura verso l”altro. Questa interpretazione del messaggio islamico è antitetica a quella del kamikaze, che in alcuni versetti del Corano e in alcune Sunne (commentari) cerca la legittimazione all”azione cruenta in nome della giustizia [Elisa Caldarola, Criticamente.it]


L”autore

Khaled Fouad Allam, è nato nel 1955 a Tlemcen, in Algeria, da madre siriana e padre marocchino.  Ha studiato diritto e sociologia politica, in Algeria e in Francia. Dopo aver vissuto in Marocco, Algeria e Francia, dal 1982 risiede in Italia ed è cittadino italiano dal 1990. E” stato esperto presso il Consiglio d'Europa sull'immigrazione e le nuove cittadinanze, ora è docente di Sociologia del mondo musulmano, storia e istituzioni dei paesi islamici all'università di Trieste e di Islamistica all'università di Urbino. Insegna inoltre presso la Stanford University of Florence, collabora con il Centro di Ingegneria Economica e Sociale (CIES) di Cosenza ed è  consulente scientifico della Fiera del Libro di Torino. Un tempo commentatore per il quotidiano La Stampa, scrive ora come editorialista su Repubblica. àˆ membro dell'esecutivo nazionale dei Verdi.

Il libro

Lettera a un kamikaze è un breve saggio in forma di lettera e, per la sua duplice natura, è un libro indirizzato a due differenti destinatari. Da una parte il destinatario della lettera, ossia il kamikaze, lo shahīd, dall”altra i lettori del saggio, appartengano essi o no alla umma, l”insieme dei popoli musulmani.

Il libro invita tutti costoro a riflettere su numerosi brani tratti da testi classici della tradizione islamica, primo fra tutti il Corano, e a trarre da tale lettura la conclusione che il messaggio dell”islam non è d”incitamento alla violenza, bensì all”ascolto, all”apertura verso l”altro. Questa interpretazione del messaggio islamico è antitetica a quella del kamikaze, che in alcuni versetti del Corano e in alcune Sunne (commentari) cerca la legittimazione all”azione cruenta in nome della giustizia. Si tratta inoltre di un importante tema da dibattere sia con musulmani non appartenenti a gruppi estremisti, per i quali la propria identità religiosa è diventata in questi tempi una frontiera che li separa dal resto del mondo (p. 18),  che con molti altri, estranei al mondo musulmano, e abituati ormai a pensare che l”islam non possa esprimersi se non in maniera violenta. Che cosa sta all”origine di questi atteggiamenti di pensiero?

Fouad Allam, da sociologo, schizza il quadro di una crisi di identità culturale nel mondo islamico, e propone così un”analisi che spicca per originalità in merito a un tema su cui si spendono quotidianamente tante parole. Tanto il dibattito intellettuale, quanto la cultura popolare dei musulmani – sostiene Allam –  sono dominati sin dall”inizio dell”800 dalla rievocazione e dalla struggente nostalgia di un mondo scomparso già nel corso del XVI secolo. Questo stato, da una parte determina un sentimento di disfatta ineluttabile, che scatena rabbia e rancore, e dall”altra allontana dal presente, tempo che viene filtrato con gli occhi del passato, piuttosto che vissuto con autentica consapevolezza critica. A ciò si aggiunge la condizione di orfano,  comune oggi a molti musulmani: costoro, giunti a contatto con la cultura occidentale, sono stati rigettati da essa, condannati alla marginalità , e ora reagiscono rigettando essi stessi tale cultura. All”interno di questa cornice, i futuri kamikaze, istruiti da falsi maestri, sognano di conquistare sulla terra ciò che la terra non gli ha dato: la libertà e la giustizia (p. 24).

In questo contesto, la proposta di rileggere i testi del passato (anzitutto le opere di Avicenna, Averroè, Ibn Arabi) non serve soltanto allo scopo di reperire i riferimenti necessari alla comprensione del vero messaggio dell”islam, ma è anche atto di autentico recupero della propria memoria culturale, in una prospettiva costruttiva, aperta al dialogo con il presente, antitetica a quella della memoria nostalgica, disperata e vendicativa coltivata dagli estremisti.

La posizione dell”uomo nell”itinerario della rivelazione è essa stessa, per il Corano, caratterizzata dalla mediazione: l”uomo è il tramite fra il piano della storia, in cui è inserita l”umanità , e quello divino della verità che supera la storia,  piano a cui l”uomo ha accesso grazie alla relazione privilegiata che, in quanto creatura, lo lega al Creatore. Ma l”altra caratteristica intrinseca alla natura umana è la permanente assenza di consapevolezza, la cecità . Per questo motivo l”uomo può credere di possedere la verità e di poterla imporre agli altri uomini: in realtà , così facendo, egli non riesce a vedere né in se stesso, né oltre se stesso. Certo, la trasmissione del sapere avviene nella tradizione islamica tramite il contatto fra l”allievo e il maestro, ma gli insegnamenti del maestro non vanno confusi con quelli di un”autorità che si impone con la pretesa di possedere il vero. Il kamikaze, invece, è proprio il prodotto di un”educazione ad opera di falsi maestri, che al principio di alterità – ossia al principio dell”ascolto, del dialogo costruttivo fra uomini, accomunati dall”essere inseriti nel percorso della rivelazione, ma anche dall”essere fatalmente limitati nelle proprie capacità conoscitive – sostituiscono il principio di autorità , imponendo la propria interpretazione della dottrina coranica, tesa a veicolare un messaggio di violenza e a fare dei kamikaze dei martiri della fede. Il principio di alterità subisce così un secondo, e più tragico, attacco: il futuro martire della fede considera l”altro, inteso come non-musulmano, e in genere come occidentale, niente più che un nemico da distruggere.

A difesa del principio di alterità si esprime il celebre versetto 35 della sura 24, la sura della Luce, secondo cui la luce divina è come quella dell”olio prodotto da un Olivo né orientale né occidentale. L”albero della conoscenza, dunque, non è racchiuso all”interno di nessuna frontiera culturale e perciò la violenza nei confronti dell”altro va condannata. Essa va poi ancor più condannata in quanto distrugge il  patto (mithaq) che lega Dio e gli uomini nella storia: se è la distruzione il fine ultimo del tuo agire, il messaggio stesso dell”islam viene tradito: se esiste una prescrizione fondamentale nell”islam, è quella di proteggere la vita in sé e la propria vita; dare la morte spezza il legame tra noi e Dio. E priva di questo legame la storia stessa non sarebbe più, per l”umanità , fonte di conoscenza, crescita, sviluppo (p. 77).

àˆ a questo livello che le riflessioni contenute in Lettera a un kamikaze parlano direttamente a ciascun lettore, indipendentemente dalla cultura di appartenenza. Il libro diventa così un invito a frequentare i luoghi della storia e della memoria, intesi come spazi condivisi da una pluralità di soggetti. Attraverso questi luoghi passa un orizzonte di definizione della propria identità che avviene tramite il riconoscimento e lo scambio costruttivo con l”altro.

Elisa Caldarola


Khaled Fouad Allam, Lettera a un kamikaze, Rizzoli, Milano 2004, (95 pp., € 8)

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