Tecnologia e sapere in Ivan Illich

IVAN ILLICHIndubbiamente, Ivan Illich è un autore eclettico. In primo luogo, negli interessi e nelle tematiche affrontate. Le influenze che subisce, quelle consapevoli e quelle inconsapevoli, sono numerosissime e provengono dai campi del sapere più disparati; si incontrano con risultati spesso piuttosto originali, si scontrano, acquistano forza oppure la perdono nell’elaborazione teorica. In secondo luogo, Illich è eclettico nelle opinioni, nelle prese di posizione. Conosce un’evoluzione continua tanto nel sostenere e abbandonare tesi specifiche, quanto nel fare proprie e rigettare visioni del mondo o metodologie di studio. Quanto a questo aspetto, contribuisce certamente lo stile provocatorio, talvolta lapidario, la tendenza a anticipare, con la formulazione delle tesi più “forti”, l’esposizione della complessità del percorso intellettuale che lo ha portato a aderirvi. Da qui derivano le chiarificazioni, le rettifiche, le apparenti contraddizioni che seguono molte delle opere illichiane. Infine, Illich presenta un certo eclettismo anche negli intenti, nel senso che i motivi per cui studia determinate tematiche, le discute e le presenta al pubblico, mutano nel tempo, e persino in un dato momento sono spesso molteplici. Di fronte a un’opera in continua evoluzione – e sotto almeno tre diversi aspetti – sorge così un problema centrale. Che cosa garantisce l’unità dell’opera illichiana? Una prima risposta è banale: l’esistenza di una persona in carne e ossa, di una firma in calce agli articoli o sui frontespizi dei testi. Tale risposta è insufficiente e lascia il problema aperto; va ricercato se e dove esista una continuità nell’opera, a quali livelli, su quali piani sia effettivamente rilevabile. L’evoluzione delle opinioni specifiche di Illich non impedisce l’esistenza di un nucleo che, elaborato nei primi anni Settanta, è ancora condiviso dall’autore: in particolare, la teoria della controproduttività e la critica degli esperti. La metodologia applicata, in genere in modo non esplicito, allo studio delle istituzioni o delle idee non costituisce certo un approccio sistematico, eppure anche qui non mancano elementi che riaffiorano in diversi momenti del pensiero illichiano: la complementarità come paradigma allo stato embrionale, il metodo storiografico del distacco, il dubbio radicale, la critica semantica. In modo analogo, Ivan Illich è mutevole nelle intenzioni che lo muovono, e, tuttavia, un minimo comun denominatore sembra esserci. Emerge, in particolare, il fatto che Illich è sempre politico, anche quando scrive su Ugo di San Vittore o sulla percezione della materia-acqua; ha sempre in mente la prospettiva di un rovesciamento dello status quo sul piano sociale o culturale.
Quel che più conta, non è tanto concludere a favore o contro l’unità dell’opera illichiana, quanto scoprire, in questo modo, un originale mescolarsi di elementi di continuità e di discontinuità.[1] Fra tali elementi, si è prestata particolare attenzione agli aspetti epistemologici dell’opera di Illich: critica del ruolo degli specialisti, della tecnologia, del metodo scientifico necessitano non solo e non tanto di proposte postitive a livello politico, quanto dell’elaborazione e dell’esercizio di una metodologia di studio del reale antagonista nei confronti di quella o di quelle dominanti. La debolezza dell’opera demistificatrice illichiana sta forse proprio nella mancanza di una metodologia alternativa chiaramente esplicitata;[2] la sua forza risiede, però, nella ricchezza di spunti, non sempre sviluppati, per un metodo sociologico e storiografico.
Si cercherà dunque di far emergere, insieme ai punti di contatto con alcuni fra i filoni più significativi della filosofia e della sociologia degli anni Settanta-Ottanta, gli aspetti fondamentali della critica alla società tecnologica in Illich e, soprattutto, gli elementi di una epistemologia che possa fungere da sostegno a tale opera di critica. Si vedrà che non si può parlare di un paradigma illichiano vero e proprio, compiuto, organico, sistematizzato. Due sono, sostanzialmente, gli spunti più consistenti in questo senso. Il primo, chiamato qui metodologia del distacco, è trattato nel capitolo II, e è importante poiché, percorrendo tutta l’opera di Illich, informa diversi ambiti del sapere, sia sul piano costruttivo che su quello critico: il linguaggio, nel senso del suo utilizzo, ma anche della sua demitizzazione; la sociologia; soprattutto, la storiografia, dimensione che assume un peso via via maggiore negli scritti illichiani. Il secondo, benché etichettato come paradigma della complementarità (capitolo III), non è tanto un paradigma in senso stretto, quanto piuttosto un promettente tentativo di svilupparne uno, tentativo interessante per le indicazioni che fornisce sulla filosofia di Ivan Illich, anche se mai approfondito significativamente al di fuori di un singolo testo.[3]
Altre considerazioni sul carattere intellettuale o sugli elementi di un “metodo” implicito vengono dal rapporto con l’opera di singoli autori e con correnti significative della filosofia o delle scienze del periodo. Anzitutto, per inquadrare la riflessione illichiana, non è possibile ignorare la sua provenienza ecclesiastica, avvertibile a distanza di anni dall’esclusione dalla Chiesa. Esaminare in modo preciso la critica della tecnologia e degli aspetti politici rende necessaria un’attenzione particolare ai rapporti con la Scuola di Francoforte, benché tutt’altro che sorprendenti per un pensatore degli anni Settanta portato verso la critica sociale, all’influenza della morfologia sociale, questa ben più peculiare, alla ricezione delle tesi più importanti dell’anarchismo classico e contemporaneo.
Negli anni Ottanta, però, Ivan Illich risente di nuove influenze che agiscono spesso sulle medesime tematiche, come accade con le tesi di Roland Barthes sul mito. L’interesse per la storia delle idee si fa centrale, e sarà qui trattato con particolare riferimento a Thomas Samuel Kuhn e Michel Foucault, per i quali Illich costituirà una sorta di interlocutore, con una tendenza alla sintesi del pensiero dei due autori. È discutendo alcuni tratti salienti del modo illichiano di fare ricerca storica – l’attenzione per la discontinuità, la critica delle tendenze anacronistiche, l’avvicinamento frequente alla tematica dell’incommensurabilità, e via dicendo -, che si possono illuminare le analogie e le differenze fra l’opera kuhniana e quella foucaultiana.
Una trattazione a parte la merita il problema dei rapporti fra Illich e il paradigma sistemico, trattazione che, comunque, si lega molto strettamente a altre parti del presente lavoro, per il tramite del tema medico (in questo senso, Michel Foucault e Maurice Merleau-Ponty saranno uno sfondo su cui matura l’avversione illichiana al paradigma in questione). Nonostante si debba rilevare una prima, generica adesione nei confronti dell’approccio cibernetico da parte di Ivan Illich, si affronteranno principalmente i motivi e le modalità del successivo rifiuto di tale paradigma: è qui, infatti, che si trovano elementi di maggiore interesse al fine di inquadrare la critica illichiana della scienza e della tecnologia. Tanto più che si cercherà di mostrare come non sia affatto impossibile – benché scartata proprio da Illich – la via della conciliazione fra i metodi e gli argomenti sistemici, da una parte, e, dall’altra, le tesi sulla controproduttività, l’autonomia dell’individuo e della comunità, la natura degli strumenti, insomma quelle tesi economiche, sociologiche e politiche che non cessano di costituire il nucleo della riflessione illichiana.
In un certo senso, si cerca qui di circoscrivere e di affrontare una serie di tematiche legate alla critica della tecnologia e all’epistemologia illichiana, nella convinzione che esse siano esemplari, particolarmente utili a illustrare e schematizzare un percorso intellettuale. Tuttavia, emergerà come gli argomenti scelti siano presi in un continuo gioco di rimandi, di influenze reciproche, in una rete che restituisce il carattere complesso e non sistematico del pensiero di Ivan Illich.
[1] A questo proposito, si potrebbe rivelare una situazione singolare: il problema dell’unità dell’opera è stato sollevato da Michel Foucault, e la tesi che nega tale unità verrà qui assunta come dato nel capitolo V, per vedere fino a che punto Illich stesso, sotto la sua influenza, vi aderisca. Ma, per porre la questione se Illich sia “fedele” o meno, nella pratica storiografica, a tale idea, bisogna postulare la tesi opposta, pena l’impossibilità di parlare di una posizione illichiana in merito.
[2] L’autore maggiormente in sintonia con tale opera, Paul Karl Feyerabend, è, al contrario, più esplicito nell’esposizione di una vera e propria anti-epistemologia.
[3] Si tratta di I.Illich, Il genere e il sesso. Per una critica storica dell’uguaglianza, tr. it., Mondadori, Milano 1984
Articolo tratto da: Altraofficina (http://www.altraofficina.it/ivanillich/Su%20Illich/tesi.htm)  dove si possono scaricare molti altri testi su e di Ivan Illich

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