ROMA – C’è il bambino milanese di 6 anni in cura dal neuropsichiatra infantile: dopo il troppo sangue visto in tv non riesce più a giocare alla lotta senza spargere succo di pomodoro sulle pareti della stanza e sugli amichetti. Poi c’è il bimbo di 5 anni, di Matera, che ossessionava la mamma
con una domanda [«mi vuoi bene o mi vuoi uccidere?»] dopo aver seguito per ore il caso Cogne nei contenitori tv pomeridiani. Anche lui è in cura. L’Osservatorio sui diritti dei minori è una miniera di casi di disturbi psicologici infantili ed adolescenziali legati alla tv: depressione, sindromi da abbandono ed emulazione di gesti di violenza. Colpa del
materiale visto non di notte, ma nella famosa fascia protetta. Tiene a precisare a scanso di equivoci Antonio Marziale, 36 anni, sociologo esperto in devianza minorile, un passato nell’Azione Cattolica come assistente negli orfanotrofi: «Qui non parliamo di casi di immediato collegamento tra causa,
la scena vista in Tv, ed effetto, il malessere che ne consegue. Discutiamo di bambini ‘in bilico’ tra normalità e disturbo i quali, per colpa della televisione, scivolano verso una vera problematica. Ma a mio avviso proprio per questo la questione è più grave».
L’Osservatorio ha sede a Milano, è attivo da due anni ed ha una struttura di quaranta professionisti sparsi nel territorio [Milano, Roma, Napoli, Messina, Pavia, Reggio Calabria] che raccolgono dati e verificano segnalazioni. E’ attivo anche il sito Internet www.odiemme.com .
Il nodo riguarda la cosiddetta «fascia protetta»: un accordo tuttora in vigore sottoscritto nel novembre 1997 a palazzo Chigi davanti a Romano Prodi da Rai, Mediaset e tv minori vieta di trasmettere scene di violenza, di sesso spinto o comunque «capaci di arrecare danno psicopedagogico» tra le
7.30 e le 22.30. Un principio eccellente che parte da un presupposto: che la tv è il vero, unico focolare domestico contemporaneo. Calcola Ettore Bernabei, ex direttore generale della Rai e oggi a capo della casa di produzione Lux Vide: «Un bambino assiste mediamente in un giorno a dieci
casi di violenza in tv, tre dei quali si concludono con una morte».
Protesta Marziale: «L’accordo è carta straccia. Da settembre 2001 a oggi abbiamo ricevuto 16 mila segnalazioni di vario tipo. Alcuni casi richiedono un interventi specialistici».
Ed eccoci alle cartelle cliniche. Siamo di nuovo a Milano. E’ la sera del 7 maggio scorso. Raidue trasmette in prima serata il film «Lake Placid», film horror che ha come protagonista un gigantesco alligatore che divora pecore e mucche. Il piccolo M. ha sei anni ed ha un equilibrio delicato. E’ solo
davanti allo schermo, la mamma è in cucina col papà : il gigantesco anfibio comincia a divorare gli stessi animali che M. vede in montagna ogni fine settimana. M. urla, piange, si dispera. Per giorni e giorni rifiuta di immergersi nella vasca da bagno, soffre di insonnia. Ricorre a un neuropsichiatra.
Marziale racconta anche il caso del piccolo F. di Genova, sei anni, che dopo aver visto nella scorsa stagione televisiva per giorni su Italia 1 i cartoni animati «South park» [bambini che insultano i nonni, cani omosex, dolci pieni di vermi, definito negli Usa dal Parents televisioni council nel 2001 «lo spettacolo più offensivo dell’anno»] cominciò a usare solo parolacce e
gestacci nei confronti dei genitori e dei nonni.
Ma la lista più lunga è legata alla tv-verità che imperversa sui nostri teleschermi nel pomeriggio e in prima serata. Attacca Marziale: «Dopo la scena di bacio lesbico apparsa durante Miss Italia su Raiuno abbiamo testimonianze di bambine che per gioco non hanno fatto che baciare le piccole compagne. E che dire delle liti pomeridiane raccontate da Alda D’ Eusanio su Raidue? Tante madri ci segnalano che molte discussioni familiari
degenerano perché ragazze e ragazzi cominciano a usare parolacce e citano i casi visti in ‘Al posto tuo’».
Aprire invece il capitolo del sangue significa imbattersi in una lunga scia di delitti, racconta allarmato Marziale: «Non c’è scampo, qualsiasi fatto di nera diventa argomento sviscerato nei nostri pomeriggi sia Rai che Mediaset.
Mi riferisco al caso Cogne, a Erika e Omar, al fidanzatini di Sesto San Giovanni, ai due bambini annegati ad Aosta, al recente caso Desirée. Tutto diventa spettacolo, dibattito sulla violenza nella ‘fascia protetta’».
Ma Rai e Mediaset ascoltano queste rimostranze? «Mediaset ci ha per esempio ascoltato togliendo dal palinsesto di Rete 4 ad agosto ‘Pretty baby’, una vera istigazione alla pedofilia. La Rai? Attaccammo quella di Zaccaria, che ci convocò a novembre: noi ascoltammo la sua introduzione e poi scappò in
Vigilanza, noi non dicemmo una parola. La Rai attuale? Il presidente Antonio Baldassarre ci ha dato ragione pubblicamente più di una volta, ma dobbiamo
ancora vedere gli effetti concreti. Il direttore generale Agostino Saccà , che peraltro è calabrese di Taurianova come me, ci ha promesso più volte un incontro operativo. Stiamo ancora aspettando».
di PAOLO CONTI
Corriere della Sera di mercoledì 13 novembre 2002
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