Nuovi focolai di un giornalismo che fa degli attacchi personali all’avversario, delle malignità diffamatorie e delle inchieste pilotate la propria ragion d’essere. Tutti vizi di un’informazione che, stando all’analisi di molti esperti di settore, rievoca le tecniche della propaganda del Ventennio [di Fabrizio Tonello – professore di Scienza dell’Opinione Pubblica all’Università di Padova]
E’ tornato il giornalismo fascista, con tutto il suo livore, le aggressioni verbali, le calunnie, le accuse gli avversari di ‘vigliaccheria’, di ‘poltronaggine’, di ‘parassitismo’.
Innocenti di letture bibliche sulla pagliuzza e la trave, i redattori dei fogli di regime ironizzano sulla barca di D’Alema o la ‘doppia pensione’ di Cofferati nelle stesse pagine in cui narrano con ammirazione delle svariate residenze di Silvio B., delle feste miliardarie organizzate dalla famiglia o della partecipazione del Grande Capo alle nozze più kitsch del secolo, quelle della figlia di Aznar in Spagna.
Nell’agosto 1922 ci fu uno sciopero generale contro il fascismo [allora non occorreva aspettare i rientri di massa dalle vacanze]. I giornali fascisti parlarono di ‘clamoroso fallimento’ definendo i sindacalisti che lo avevano organizzato ‘scagnozzi social-comunisti’, ‘padreterni’, ‘condottieri di merda’ e ‘alleanza degli sbafatori del proletariato’. Nel 2002, è curioso che gli attacchi ai sindacati siano basati essenzialmente sullo stesso argomento e cioè i presunti privilegi dei sindacalisti, il loro essere dei ‘parassiti’ che vivono a spese dei lavoratori. Il Giornale ha dedicato alla biografia di Sergio Cofferati più colonne di piombo di quante Hannah Arendt ne avesse riempite sul New Yorker per la biografia di Eichmann. Lo stesso quotidiano, ben rincalzato dai balilla della Padania, ha dato il via a una campagna contro l’Unità in cui il passato universitario di Furio Colombo come persona non era che il trasparente pretesto [campagna che continua a tutt’oggi].
Il Foglio, dal canto suo, si dedica all’insulto nei confronti dei produttori di cultura scrivendo che l’ultimo film di Benigni è ‘una cagata bestiale’, mentre l’articolo di Vincenzo Cerami che ne parlava è una ‘contumelia’, pensata ‘dopo aver fatto un salto nel cerchio di fuoco all’ufficio veline del Minculpop’. Non male per un giornalista [Pierangelo Buttafuoco] che fino a ieri vantava la sua nostalgia per il Ventennio.
Un altro tema interessante del giornalismo di regime è il modo in cui riferisce delle attività dei capi: chi volesse leggere una cronaca dal sapore anni Trenta non ha che da recuperare la Padania di fine agosto, con il resoconto della gita in bicicletta di Bossi, Tremonti e dei rispettivi rampolli, in montagna.
Di Silvio B., i giornalisti di famiglia scrivono che canta, suona il piano, la chitarra e il contrabbasso. ‘Conosce decine e decine di canzoni francesi, i suoi autori preferiti sono Charles Trenet, Gilbert Becaud, Charles Aznavour. […]Berlusconi è da sempre un lettore appassionato. I suoi interessi spaziano dai saggi storici alla politica, dall’economia alla filosofia. Con una predilezione per i classici della letteratura’.
Se nell’Italia agricola del 1930 il Duce partecipava personalmente alla trebbiatura, in quella televisiva del 2002 Berlusconi canta, suona il piano, la chitarra e il contrabbasso. Questo, senza mancare di dirigere il governo, tener d’occhio le sue aziende, guardare al calciomercato, avanzare proposte sulla fame del mondo, telefonare a Bush, Putin e Aznar, dare consigli a Trapattoni e intervenire come esperto di botanica: all’inizio di settembre, Silvio ha giustificato i graffi in faccia [visibili anche sotto il fard] dicendo che gli era ‘caduto addosso’ un rovo mentre faceva giardinaggio.
Poiché i rovi, ovviamente, non ‘cadono’ doveva essere una pianta cofferatiana quella che l’ha aggredito.
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