“Inflazione” e “deflazione”, due facce dello stesso bluff

di Nicoletta Forcheri – 25/09/2016 – Fonte: Nicoletta Forcheri

Prendiamo ad esempio il termine “inflazione”. Nel settore economico, esso è semplicemente la prova di quanto poco precisa sia questa sedicente scienza poiché nozioni cruciali come questa non sono ab origine correttamente definite e chiarite. Anzi, questo termine nodale può racchiudere tutto e il contrario di tutto, e segnatamente confondere l’effetto con le sue ipotetiche cause.

E’ così che “inflazione” è generalmente utilizzata per indicare uno dei tanti effetti, l’aumento generale dei prezzi, di un qualcos’altro: un effetto non automaticamente inevitabile, contrariamente a quanto affermava Ludwig Von Mises, capo della Scuola austriaca, di una causa che poi sarebbe stata la corretta definizione del termine, cioé  un aumento della massa monetaria, monetine, banconote e depositi a vista. Egli si lamentava, con ragione, del fatto che questo termine multi-uso nella sua carenza di precisione e compartimentazione nella descrizione precisa dei fenomeni che dovrebbe essere tipica di qualsiasi branca del sapere come ad esempio l’economia, andava a togliere un vestito semantico al fenomeno che avrebbe dovuto designare e che per secoli è stato accuratamente occultato: la creazione di massa monetaria coincidente con il credito.

E infatti la parola “inflazione” viene dal verbo latino inflare che significa gonfiare, quindi “inflazione” dovrebbe indicare l’aumento spropositato di massa monetaria, ossia, qualsiasi aumento non proporzionato con il numero di transazioni e la quantità di beni e servizi prodotti. In questa considerazione naturalmente devono entrare anche questioni di “valore” monetario come il potere di acquisto e le variazioni dei tassi di cambio, perché se si svaluta una valuta, l’aumento di massa monetaria inciderà meno sull’aumento dei prezzi, mentre se si rivaluterà, inciderà di più.

Il termine può anche designare altre “cause”: ad esempio,  un aumento della domanda rispetto all’offerta, che se attualmente può essere valido per determinati settori o prodotti – di qualità, del lusso ecc -non può spiegare però un generale aumento di prezzi, un generale calo di potere di acquisto, o un deprezzamento generale della moneta.

Si dice infine che l’inflazione possa essere causata dall’aumento dei costi di produzione come gli stipendi con la scala mobile, o di materie prime ed energia. Nel caso degli stipendi è una menzogna che è stata utilizzata come pretesto per sopprimere, il 31 luglio 1992, la scala mobile, che era una delle poche soluzioni valide per mantenere stabile il potere di acquisto dei lavoratori costantemente eroso dall’inflazione di massa monetaria; una menzogna perché si è confuso il mezzo – il valore monetario – con il fine – lo stipendio dei lavoratori e il loro benessere;  l’aumento dei prezzi di materie prime ed energia, è la conseguenza di una monopolizzazione crescente da parte di “caste finanziarie internazionali” dei mezzi di produzione attraverso il controllo dell’emissione monetaria. Questi monopoli, a seconda dei casi, “gonfiano” i prezzi al consumo di beni di necessità come l’energia, l’acqua, e altre commodities, compresi i trasporti, e sgonfiano i prezzi dei prodotti finiti per sbaragliare la concorrenza con metodi che dovrebbero essere perseguiti come reati di abuso di posizione dominante ecc; gonfiano anche artificialmente un’offerta variegata di junk e prodotti “pattumiera”, contenenti cioè materie e materiale da rifiuto, provocando una deflazione da domanda per i beni di grande consumo.

Dalla babilonia terminologica  di cui sopra, tipica dei lineamenti classici della sedicente scienza economica, si arriva logicamente ad asserire obbrobri come ad esempio che a maggior occupazione, corrisponda maggiore “inflazione”, o che  ad ogni svalutazione seguirebbe un aumento del tasso di inflazione dovuto all’aumento dei prezzi delle materie prime importate.  Come se l’inflazione fosse il male da combattere a tutti i costi e non una sua conseguenza, o un semplice sintomo per di più mal definito!!

Tutto quanto scritto sopra su “inflazione”, viene detto specularmente all’incontrario su “deflazione”, due fenomeni che vengono descritti come innati ai cicli economici e presentati come “naturali” mentre sono solo la conseguenza di un rovesciamento di valori e deformazione di segni contabili inerenti all’emissione monetaria e sua imperfetta distribuzione.

Ora dicono che siamo in “deflazione”, poiché i prezzi degli immobili sono in calo e i tassi di interesse del denaro bassi e o negativi. Dimostrerò invece come con questo tipo di emissione monetaria fiat, ma creditizia, siamo destinati a subire gli effetti di quello che potrebbe sembrare un’inflazione: erosione del potere di acquisto; aumento o stabilità del prezzo delle materie e commodities in monopolio cioè quasi tutte; il tutto abbinato  a talune caratteristiche che possono assimilarsi a quello che definiscono come deflazione: calo di stipendi, aumento della fiscalità, aumento della disoccupazione, riduzione del prezzo degli immobili. E’ quello che chiamo inflazione da moneta creditizia (e derivati)  in deflazione dell’economia reale.  In altre parole, inflazione da debito dove si socializzano le perdite e si privatizzano le rendite.

Questo perché siamo in un sistema schizofrenico che da una parte emette all’impazzata fuori controllo moneta creditizia e derivati (55 volte il pil del mondo!) a vantaggio di una casta di “banchieri” privati, dall’altra la stessa casta impone al resto del mondo una “austerity” deflattiva di occupazione, potere di acquisto, stipendi, chiudendo il rubinetto del credito, esasperando il fisco,  per ovviare ai danni provocati dal suo stesso emettere all’impazzata e preservarne la rendita. Il tutto sovraccaricandoci con una fiscalità criminale, odiosa e disumana, per non dire massacrante. O “deflattiva”, per i tecnici. Austerity, per la moda.

Ma cosa denota questa enfasi su un termine così confuso come “inflazione” (e adesso “deflazione”)? Come minimo  non fa che celare goffamente due cose:

a. una confusione logico-linguistica tra cause ed effetti per manipolare la popolazione nella paura di un unico presunto “effetto” (“Repubblica di Weimar”, la carriola) onde nascondere invece le vere cause di questo squilibrio intrinseco al sistema monetario stesso che si trovano in un’emissione monetaria coincidente con il prestito, e conseguenti tassi di interesse che imballano la società in una richiesta “forzosa” di sempre maggiore crescita del PIL, maggiore produttività e redditi crescenti, per tenere il passo con l’erosione del potere di acquisto che è sempre incombente persino in situazioni di deflazione come la presente;

b.  l’ossessione della lotta all’inflazione come unico e principale scopo di qualsiasi politica monetaria della BCE, come sancito dai trattati UE e dallo statuto della BCE, denota un “panico da inflazione” negli addetti stessi al gioco casinò della finanza che hanno il terrore di perdere “gli investimenti”, o di perdere al gioco.

Come i ludopatici sono ossessionati dal fatto di dover riscuotere  più rapidamente della perdita di valore che il loro stesso giocare – creando titoli ad ogni occasione – provoca costantemente, quel che è peggio è che adesso tale gioco è condotto da macchine calcolatrici di algoritmi che reagiscono in nanosecondi. Come i ludopatici alle slot.

Perché il reale significato di inflazione per la casta bancaria e i suoi lacché è semplicemente “calo dei tassi di rendimento degli investimenti” ed è questa l’ossessione dei banchieri, e per evitare che calino i rendimenti sono disposti a fare tutto quello che effettivamente fanno per mantenerli alti o costanti:  ad esempio gonfiare artificialmente i prezzi dei costi di produzione, truccare i dati sull’inflazione per farla costantemente figurare più bassa del reale, martoriare la popolazione con l’austerity, provocare la disoccupazione con il credit crunch, il fisco, la pretestuosa e criminale chiusura di PMI, la persecuzione di artigiani e imprenditori ecc ecc

Il cartello o casta, quindi, con la mano sinistra stampa a gogò, con la destra ci mette in castigo per quella stampa a gogo’. E questa cosa è stupendamente dimostrata dall’uso appositamente fazioso del termine “inflazione” e adesso “deflazione” che ne fanno media e propaganda. Due termini utilizzati per confondere le idee e non chiarire bene la reale situazione in cui ci troviamo che è come ho scritto sopra un’inflazione monetaria da debito  a macchia da leopardo in un contorno deflazionista provocato ad arte.

(tratto da http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=57218)

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