“Das Auto” o “Gas Auto”?

(Alessandro Graziadei -http://www.unimondo.org/)

Come sappiamo ormai da alcuni giorni l’Environmental protection agency (Epa) degli Stati Uniti ha notificato a Volkswagen, Audi e Volkswagen Group of America un avviso di violazioni del Clean Air Act realizzato grazie ad un apposito software montato sui modelli di auto diesel Volkswagen e Audi a quattro cilindri prodotte tra il 2009 e il 2015 e “che aggira le norme sulle emissioni Epa per alcuni inquinanti atmosferici”. Il Clean Air Act impone ai produttori di veicoli di certificare all’Epa che le loro auto siano conformi alle norme sulle emissioni federali Usa per il controllo dell’inquinamento atmosferico. Ora, secondo la notice of violation dell’Epa, “un algoritmo di un sofisticato software rileva quando la macchina è in fase di test ufficiale di emissioni e le riduce durante il test, ma non in tutte le situazioni di guida normali”. Ciò si traduce in automobili che soddisfano gli standard di emissioni in laboratorio, ma durante il normale funzionamento, emettono ossidi di azoto ed altri agenti inquinanti fino a 40 volte al di sopra della norma. L’Epa ha ricordato che l’inquinamento NOx (ossidi di azoto) “contribuisce al biossido di azoto, ozono troposferico e alle polveri sottili” ed è stato collegato ad una serie di effetti gravi per la salute, tra cui un aumento degli attacchi di asma ed altre malattie respiratorie che possono essere particolarmente critiche per bambini, anziani e persone con malattie respiratorie preesistenti.

Al gruppo Volkswagen non è rimasto che ammettere le colpe, ufficializzare le scuse, aspettare di pagare le multe e sperare di non distruggere un’azienda che, dopo essere crollata in borsa, adesso è sotto la lente di ingrandimento anche della Commissione Europea e dei suoi stati membri a cominciare dalla stessa Germania. Per ora Volkswagen ha già accantonato 6,5 miliardi di euro per coprire le sanzioni che subirà a causa dello scandalo delle emissione taroccate, ma basteranno anche per le class-action ed i risarcimenti ai consumatori? Per Lucia Caudet, portavoce della Commissione europea per il Mercato Interno, “Dobbiamo essere assolutamente certi che l’industria rispetti i limiti per le emissioni. Ora è troppo presto per trarre conclusioni. È prematuro dire se sia necessaria qualsiasi misura di sorveglianza specifica anche in Europa e quanti veicoli Volkswagen venduti in Europa abbiano lo stesso difetto”, ma dal 2016 già si annunciano prove di emissioni su strada più stringenti. La ministra dell’ambiente tedesco, la socialdemocratica Barbara Hendricks si è detta sorpresa per i trucchi usati dal Gruppo VW e riguardo alle pesanti sanzioni che la  Volkswagen potrebbe subire negli Usa,  ha detto che “Non sarebbe una cattiva idea dare tale somma al Fondo verde per il clima”, lo Special Climate Change Fund dell’Onu, che dovrebbe dare ai Paesi in via di sviluppo i mezzi  per combattere il cambiamento climatico e adattarsi alle sue conseguenze. Anche il ministro dell’ambiente italiano, Gian Luca Galletti, ha chiesto rassicurazioni a Volkswagen Italia sull’effettivo rispetto della normativa in materia di emissioni e inquinamento dell’aria per le vetture vendute sul mercato italiano e con una lettera indirizzata a Massimo Nordio, l’amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Group Italia, Galletti ha chiesto al gruppo tedesco “qualora necessario, di assumere analoghe iniziative già intraprese per il mercato americano anche a tutela dei consumatori italiani”, a cominciare dal ritiro delle auto fuori norma. 

Insomma che l’industria automobilistica faccia da anni profitti anche a scapito della salute della popolazione non è una novità, ma farlo barando è una novità? Per gli ambientalisti no. Non sono poche le associazioni che da anni segnalano discrepanze tra i risultati dei test sulle emissioni e i valori reali misurati durante la guida. Maria Krautzberger, presidente di Umweltbundesamtes, ha sottolineato negli scorsi giorni che Volkswagen non ha ingannato solo i suoi clienti, ma ne ha messo in pericolo anche la salute e secondo lei questa vicenda fa pensare che, come molte altre volte hanno segnalato dagli ambientalisti, “le emissioni reali di inquinanti in molte autovetture non solo di VW, sono superiori ai valori dei test anche in Germania”. Greenpeace ha sempre duramente criticato tutta l’industria automobilistica e Daniel Moser, un esperto di trasporti della ong, ha evidenziato che “lo scandalo Volkswagen dimostra che l’industria automobilistica cerca di  nascondere i rischi sanitari e ambientali delle sue auto spesso ostacolando la riduzione delle emissioni” e ha aggiunto che “Gli ossidi di azoto sono un problema enorme. Portano malattie respiratorie e favoriscono l’asma”. 

Ma la vicenda suscita almeno altre due riflessioni: quella sull’affidabilità dei controlli pubblici e l’altra sui trucchi che le case automobilistiche adottano per far bella figura nel ciclo di misura delle emissioni. Sulla prima gli Usa hanno dato agli europei una buona lezione. Mentre l’Epa fa ritirare milioni di auto (sono 11 milioni quelle “fuorilegge”) e si appresta a comminare una multa miliardaria, noi, nella migliore delle ipotesi, abbiamo organismi di valutazione scientifica (come la preparata ed affidabile l’European food safety agency per il cibo) che però sono privi di poteri di controllo reali, se non una volta presi in considerazione e adottati dalla Commissione Europea. Sul secondo punto niente di nuovo! Già nel settembre del 2014 Altroconsumo e numerose organizzazioni di consumatori indipendenti in Europa, hanno denunciato a gran voce la prassi delle case automobilistiche, in testa proprio Volkswagen, diffidandole presso le sedi competenti: “le informazioni al pubblico sui consumi sono fuorvianti, risultato di una procedura di omologazione lacunosa”. Altroconsumo per questo ha portato Volkswagen in Tribunale a Venezia e il 2 ottobre prossimo si terrà l’udienza per valutare l’ammissibilità della class action. Per Marco Pierani, responsabile relazioni esterne di Altroconsumo: “Le nuove sconcertanti rilevazioni provenienti dagli Stati Uniti confermano come sia giunta ormai l’ora di adottare finalmente in tutta Europa il nuovo ciclo di omologazione delle auto per misurare in modo più efficace emissioni e consumi. Nel frattempo le Autorità amministrative e giudiziarie in Italia e in Europa dovrebbero farsi parte attiva, così come accade negli Stati Uniti, per tutelare in massima parte i diritti degli utenti rispetto ad inganni e distorsioni del mercato”. 

Del resto per il giornalista Enrico De Vita editorialista di Automoto.it ed esperto di problemi di inquinamento “sono almeno una dozzina i trucchi che le Case adottano per far bella figura nel ciclo di misura. Si va dai pneumatici a basso rotolamento allo spegnimento dell’alternatore, dai pannelli aerodinamici nel sottoscocca a vari alleggerimenti nel corpo vettura, dalla scelta di laboratori spagnoli localizzati ad alta quota (ove l’aria è più rarefatta) a oli extra fluidi.  Ma il metodo più gettonato, anche dai motori a benzina, è quello di insegnare alla centralina a riconoscere l’esecuzione di un ciclo di misura”. Incredibile? Non proprio per De Vita: “I lettori più attenti sapevano già dell’esistenza di questo trucco, al quale più o meno ricorrono tutte le Case. Altrimenti non si spiegherebbe la vistosa differenza fra consumi dichiarati e consumi misurati nel ciclo. La stampa, invece, ha fatto finta di non saperlo”.

Il “trucco” usato da Volkswagen, però, aveva lo scopo di ridurre il conteggio degli ossidi di azoto, “un semplice irritante polmonare (per alcuni individui e non per tutti), non un vero inquinante” per De Vita e “Non fa nulla se un loro parente [degli ossidi di azoto], l’N2O viene usato nel viagra come stimolante”. Certo questi ossidi hanno la cattiva fama di potersi combinare con i vapori di benzina e produrre smog fotochimico sotto l’effetto del sole, ma questo rimane oggi l’unico punto debole del motore diesel, visto che il particolato è sparito e il vantaggio in termini di CO2 diventa incolmabile, rispetto al motore a benzina.”. Forse il target dell’Epa non erano solo NOx, ma anche l’industria motoristica europea? Possibile, ma non sembra che gli americani facciano i “duri” solo con le aziende straniere. Se rimaniamo nel settore delle auto, solo nelle ultime settimane la General Motors, per difetti di malfunzionamento, ha subito dall’Epa una multa di 900 milioni di dollari e in un anno l’azienda americana è stata costretta a ritirare dal mercato 30 milioni di auto, con un costo calcolato intorno ai 5 miliardi.

Come sappiamo ormai da alcuni giorni l’Environmental protection agency (Epa) degli Stati Uniti ha notificato a Volkswagen, Audi e Volkswagen Group of America un avviso di violazioni del Clean Air Act realizzato grazie ad un apposito software montato sui modelli di auto diesel Volkswagen e Audi a quattro cilindri prodotte tra il 2009 e il 2015 e “che aggira le norme sulle emissioni Epa per alcuni inquinanti atmosferici”. Il Clean Air Act impone ai produttori di veicoli di certificare all’Epa che le loro auto siano conformi alle norme sulle emissioni federali Usa per il controllo dell’inquinamento atmosferico. Ora, secondo la notice of violation dell’Epa, “un algoritmo di un sofisticato software rileva quando la macchina è in fase di test ufficiale di emissioni e le riduce durante il test, ma non in tutte le situazioni di guida normali”. Ciò si traduce in automobili che soddisfano gli standard di emissioni in laboratorio, ma durante il normale funzionamento, emettono ossidi di azoto ed altri agenti inquinanti fino a 40 volte al di sopra della norma. L’Epa ha ricordato che l’inquinamento NOx (ossidi di azoto) “contribuisce al biossido di azoto, ozono troposferico e alle polveri sottili” ed è stato collegato ad una serie di effetti gravi per la salute, tra cui un aumento degli attacchi di asma ed altre malattie respiratorie che possono essere particolarmente critiche per bambini, anziani e persone con malattie respiratorie preesistenti.

Al gruppo Volkswagen non è rimasto che ammettere le colpe, ufficializzare le scuse, aspettare di pagare le multe e sperare di non distruggere un’azienda che, dopo essere crollata in borsa, adesso è sotto la lente di ingrandimento anche della Commissione Europea e dei suoi stati membri a cominciare dalla stessa Germania. Per ora Volkswagen ha già accantonato 6,5 miliardi di euro per coprire le sanzioni che subirà a causa dello scandalo delle emissione taroccate, ma basteranno anche per le class-action ed i risarcimenti ai consumatori? Per Lucia Caudet, portavoce della Commissione europea per il Mercato Interno, “Dobbiamo essere assolutamente certi che l’industria rispetti i limiti per le emissioni. Ora è troppo presto per trarre conclusioni. È prematuro dire se sia necessaria qualsiasi misura di sorveglianza specifica anche in Europa e quanti veicoli Volkswagen venduti in Europa abbiano lo stesso difetto”, ma dal 2016 già si annunciano prove di emissioni su strada più stringenti. La ministra dell’ambiente tedesco, la socialdemocratica Barbara Hendricks si è detta sorpresa per i trucchi usati dal Gruppo VW e riguardo alle pesanti sanzioni che la  Volkswagen potrebbe subire negli Usa,  ha detto che “Non sarebbe una cattiva idea dare tale somma al Fondo verde per il clima”, lo Special Climate Change Fund dell’Onu, che dovrebbe dare ai Paesi in via di sviluppo i mezzi  per combattere il cambiamento climatico e adattarsi alle sue conseguenze. Anche il ministro dell’ambiente italiano, Gian Luca Galletti, ha chiesto rassicurazioni a Volkswagen Italia sull’effettivo rispetto della normativa in materia di emissioni e inquinamento dell’aria per le vetture vendute sul mercato italiano e con una lettera indirizzata a Massimo Nordio, l’amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Group Italia, Galletti ha chiesto al gruppo tedesco “qualora necessario, di assumere analoghe iniziative già intraprese per il mercato americano anche a tutela dei consumatori italiani”, a cominciare dal ritiro delle auto fuori norma. 

Insomma che l’industria automobilistica faccia da anni profitti anche a scapito della salute della popolazione non è una novità, ma farlo barando è una novità? Per gli ambientalisti no. Non sono poche le associazioni che da anni segnalano discrepanze tra i risultati dei test sulle emissioni e i valori reali misurati durante la guida. Maria Krautzberger, presidente di Umweltbundesamtes, ha sottolineato negli scorsi giorni che Volkswagen non ha ingannato solo i suoi clienti, ma ne ha messo in pericolo anche la salute e secondo lei questa vicenda fa pensare che, come molte altre volte hanno segnalato dagli ambientalisti, “le emissioni reali di inquinanti in molte autovetture non solo di VW, sono superiori ai valori dei test anche in Germania”. Greenpeace ha sempre duramente criticato tutta l’industria automobilistica e Daniel Moser, un esperto di trasporti della ong, ha evidenziato che “lo scandalo Volkswagen dimostra che l’industria automobilistica cerca di  nascondere i rischi sanitari e ambientali delle sue auto spesso ostacolando la riduzione delle emissioni” e ha aggiunto che “Gli ossidi di azoto sono un problema enorme. Portano malattie respiratorie e favoriscono l’asma”. 

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