Sicurezza alimentare: Si denunci l’ipocrisia degli Stati Uniti nei negoziati presso la WTO’

 (Fonte: znetitaly.altervista.org)FoodSecurityBattle

di Deborah James e Vijay Prashad ”’ 17 maggio 2015

Deborah James e’ una voce di spicco nella lotta per regole giuste nell’ordine degli scambi globali. E’ direttrice dei programmi internazionali presso il Centro di Ricerche Politiche ed Economiche, un gruppo di esperti di Washington, DC fondato nel 1999 come parte del movimento per l’alter-globalizzazione. Deborah James aveva lavorato in precedenza presso Global Exchange, dove era esperta delle politiche scorrette di scambio emerse dall’era della ‘globalizzazione’ degli anni ’90. Da direttrice del Programma dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) presso il Public Citizen’s Global Trade Watch [Osservatorio pubblico dei cittadini sul commercio globale] ha partecipato ai dibattiti che hanno condotto al Vertice della WTO di Doha, iniziato nel 2001. Deborah James e’ stata anche direttrice esecutiva dell’Ufficio Informazioni sul Venezuela a Washington, D.C., un’organizzazione che cercava di intervenire nel dibattito pubblico sulla trasformazione sociale in corso in Venezuela.

In questa intervista Deborah James ha parlato dei contrasti in corso presso la WTO riguardo alla questione della sicurezza alimentare. Questo dibattito fa il paio con quello dell’India, il cui governo ha svolto un ruolo nell’ultima riunione della WTO. Estratti:

Attualmente c’e’ un negoziato inconcludente sulla sicurezza alimentare globale che deve produrre un qualche genere di unanimita’ nella WTO entro il dicembre del 2015. Che cosa divide gli stati membri della WTO sull’idea della sicurezza alimentare?

La WTO e’ concentrata in modo miope sul solo aumento degli scambi. In conseguenza possono esserci lati negativi nel discutere della sicurezza alimentare presso la WTO. Sarebbe meglio tenere questi negoziati presso il Comitato sulla Sicurezza Alimentare dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), che ha una miglior storia di sensibilita’ alla necessita’ di garantire la sicurezza alimentare. Tuttavia nessun membro sta proponendo di escludere la WTO dalla discussione sull’agricoltura. Ci sono molti che sostengono che cancellare l’agricoltura dalla WTO renderebbe soltanto gli scambi agricoli globali molto piu’ iniqui.

Il problema e’ che e’ la WTO, non la FAO, che disciplina l’agricoltura e gli scambi. Dunque gli ostacoli della WTO alla sicurezza alimentare vanno rimossi. Ai paesi in via di sviluppo dovrebbe essere consentito di investire nella loro produzione agricola e di alimentare la loro popolazione. Cio’ consentirebbe a tali paesi di non dipendere piu’ dagli aiuti alimentari globali. L’azionariato pubblico per la sicurezza alimentare dovrebbe essere benvenuto, cosi come la protezione dei mercati dai picchi delle importazioni, attraverso uno speciale meccanismo praticabile di salvaguardia. I paesi che sovvenzionano l’agricoltura, come fanno molti paesi sviluppati, non dovrebbero poter esportare quel cibo a prezzi sovvenzionati perche’ cio’ compete scorrettamente con gli agricoltori locali e li esclude, mediante prezzi piu’ bassi, dai loro mercati nazionali, riducendo, nel lungo termine, la produzione locale.

Il processo in corso rivedrebbe le regole della WTO in linea con il consenso globale sugli investimenti agricoli e la sicurezza alimentare. L’Obiettivo di Sviluppo del Millennio numero uno chiedeva lo sradicamento della poverta’ e della fame. Le regole attuali della WTO operano contro questo obiettivo. Devono essere riviste urgentemente.

Lei parla di ‘consenso globale sulla sicurezza alimentare’. Puo’ dircene di piu’?

Ogni organismo internazionale che si occupa dell’agricoltura e’ giunto a riconoscere la necessita’ di dare priorita’ alla sicurezza alimentare rispetto alla semplice promozione degli scambi. Mentre l’originale Dichiarazione di Roma sulla Sicurezza Alimentare del 1996 sottolineava la garanzia della sicurezza alimentare mentre meccanismi basati sul mercato, il Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare del 2009 ha invece posto l’enfasi sugli investimenti nazionali in agricoltura. L’Unione Africana ha annunciato nella ‘Dichiarazione di Maputo’ del 2004 l’impegno di ogni paese a investire il dieci per cento del bilancio nazionale nella produzione agricola; il 2014 e’ stato l’Anno della Sicurezza Alimentare dell’Unione Africana.

Olivier de Schutter, ex Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul Diritto al Cibo ha esposto in dettaglio come le politiche della WTO siano incompatibili con il diritto al cibo. Ha scritto un documento al riguardo che ha scatenato un gran putiferio presso la WTO [Il documento di Schutter del 2011 e’ intitolato ‘The World Trade Organisation and the Post-Global Food Crisis Agenda: Putting Food Security First in the International Trade System’ [L’Organizzazione Mondiale del Commercio e’ l’agenda post globale sul cibo: introdurre al primo posto la sicurezza alimentare nel sistema internazionale degli scambi]. De Schutter ha evidenziato l’importanza del mantenimento di riserve alimentari da parte dei paesi in via di sviluppo, nonche’ l’importanza di proteggere i loro mercati dalla volatilita’ dei mercati internazionali.

Le politiche di cui parlano persone come de Schutter corrispondono a regimi sussidiati e ad altri tipi di misure protettive. Gli Stati Uniti, che si oppongono a tali regimi, non hanno un regime di sussidi per la propria produzione alimentare nazionale?

Si, e’ cosi. Gli Stati Uniti sono il maggior sovvenzionatore dell’agricoltura del mondo. Nel 2011 ha speso 139 miliardi di dollari per il sostegno nazionale, il doppio delle sovvenzioni versate nel 1995. La maggior parte e’ per buoni alimentari per i poveri, qualcosa di simile al sistema di distribuzione pubblica in India. Ma 15 miliardi di essi sono stati a favore di un sostegno apertamente distorsivo degli scambi. L’Unione Europea [UE] offre anch’essa sostegno interno, al ritmo di 79 miliardi di dollari nel 2013.

Nessuna meraviglia che gli Stati Uniti siano spesso citati presso la WTO su accuse che i loro sussidi agricoli distorcono l’equa competizione. In molte di queste cause hanno perso. I soli sussidi statunitensi al cotone hanno depresso talmente i prezzi globali del cotone che il Brasile ha vinto due volte cause contro gli Stati Uniti. Sfortunatamente cio’ lascia nella polvere piccoli agricoltori meno potenti in Benin, Burkina Faso, Chad e Mali.

Nel 2013, pur avendo le proprie norme nazionali sulla sicurezza alimentare, gli Stati Uniti hanno bloccato i negoziati presso la WTO. Hanno specificamente sostenuto che l’India stava tentando di ‘tirarsi indietro dagli impegni’ o che la sua distribuzione di prodotto di contadini poveri a cittadini poveri in qualche modo avrebbe distorto i mercati globali.

Potrebbe spiegare come gli USA e la UE la fanno franca con i loro regimi di sussidi?

Innanzitutto le norme della WTO consentono ai paesi che avevano regimi di sussidi prima del 1994 di continuare tali politiche, con l’idea di ridurle nel tempo. All’epoca dell’avvio della WTO quasi tutti i paesi impegnati in sussidi erano paesi sviluppati. A piu’ di cento paesi in via di sviluppo tali sussidi non sono permessi. Dieci anni fa gli Stati Uniti e gli europei si sono accordati per ridurre progressivamente le decine di miliardi di sussidi legali. Non sono stati all’altezza del loro accordo. Secondo: nonostante questa liberta’ d’azione, in effetti sono sanzionati ma preferiscono pagare piuttosto che partecipare alla modifica delle regole a beneficio di tutti i paesi.

C’e’ un altro problema, che si riferisce al ‘prezzo di riferimento’. Per calcolare i sussidi che ‘distorcono gli scambi’ i paesi devono individuare la differenza tra il prezzo minimo di sostegno [MSP] e il ‘prezzo di riferimento’ della WTO, che e’ il prezzo medio mondiale dal 1986 al 1988. La WTO preferisce utilizzare questo metodo arcaico piuttosto che calcolare la differenza tra il MSP e i prezzi attuali di mercato. Poiche’ i paesi in via di sviluppo hanno vissuto una terribile inflazione, il divario tra il MSP e il ‘prezzo di riferimento’ della WTO e’ ridicolmente alto. L’ambasciatore dell’India presso la WTO, Jayant Dasgupta, e’ stato un forte critico di questo sistema del ‘prezzo di riferimento’. Svantaggia i paesi in via di sviluppo. I paesi sviluppati, per inciso, non devono usare questo sistema perche’ i loro programmi di sicurezza alimentare sono considerati ‘non distorsivi degli scambi’ in base alle regole della WTO.

Potrebbe descrivere che cosa e’ successo a proposito della sicurezza alimentare alla riunione del WTO di Bali, Indonesia, nel dicembre del 2013?

L’incontro di Bali e’ stato molto contrastato. Lo Speciale Relatore dell’ONU sul Diritto al Cibo ha nuovamente chiesto che ai paesi in via di sviluppo sia concessa la liberta’ di usare le proprie riserve alimentari per contribuire a garantire il diritto al cibo senza il rischio di sanzioni della WTO. Ha affermato che gli stati che devono offrire politiche di sicurezza alimentare non dovrebbero essere costretti ad ‘aggirare le regole della WTO’. I coltivatori indiani, ricordo, volevano che il governo indiano tenesse duro. Cio’ ha spinto l’India a guidare la coalizione per la sicurezza alimentare presso la WTO, che ha combattuto una dura battaglia contro l’intransigenza statunitense.

Non e’ stato raggiunto alcun accordo finale, solo un impegno a ulteriori negoziati. I membri della WTO si sono concessi quattro anni per raggiungere un accordo. L’accordo transitorio e’ stato quella che e’ stata chiamata la ‘clausola di pace’. Ha accompagnato concessioni ai paesi sviluppati sotto forma di un Accordo di Agevolazione degli Scambi che obbligherebbe i paesi in via di sviluppo a destinare risorse a rendere piu’ agevoli gli scambi anziche’ destinarle all’assistenza sanitaria e all’istruzione. Le spedizioni transnazionali e le imprese della logistica hanno vinto sullo ‘sviluppo’. Questo e’ stato chiamato il Pacchetto di Bali.

Potrebbe parlare piu’ in dettaglio della clausola di pace?

In base alla clausola di pace i paesi che hanno in corso programmi di sussidi non possono essere sottoposti a cause legali da altri membri della WTO se rispettano onerose prescrizioni di trasparenza e dimostrano che i loro sussidi non distorcono i mercati. Per inciso, gli Stati Uniti non sono tenuti a rispettare queste prescrizioni. Non possono essere messi in atto nuovi programmi e non c’e’ stata garanzia che una soluzione permanente sara’ concordata alla fine dei quattro anni.

Tuttavia c’e’ stato un seguito. L’ambiguita’ legale del testo ha fatto si che non fosse chiaro se la clausola di pace sarebbe rimasta in effetto fino a quando non fosse stata raggiunta una soluzione permanente o solo per quattro anni, e poi sarebbe scaduta. Cosi quando il nuovo governo dell’India si e’ insediato la scorsa primavera, ha richiesto il chiarimento che la clausola sarebbe rimasta in effetto fino a quando non fosse stata concordata una modifica permanente delle norme. Di nuovo gli Stati Uniti si sono rifiutati di offrire questo chiarimento, dimostrando che in effetti avevano intenzione di lasciar scadere la clausola di pace senza che fosse entrato in vigore un nuovo accordo.

L’India ha allora contrapposto che non avrebbe lasciato entrare in vigore gli altri aspetti del Pacchetto di Bali fino a quando non avesse ricevuto questo semplice chiarimento. E mentre gli Stati Uniti hanno dedicato l’estate a incolpare l’India di un presunto scantonamento dal Pacchetto di Bali, hanno rifiutato di giungere al chiarimento. I contadini indiani e i partiti della sinistra indiana, sostenuti dalla societa’ civile globale, hanno mantenuto la pressione sul proprio governo. I mesi si sono trascinati. Le imprese statunitensi non volevano che fosse messa in pericolo l’agevolazione dei loro scambi. In forza del dono della facilitazione degli scambi gli Stati Uniti hanno concesso che la clausola di pace restasse in vigore fino a quando non sara’ concordata una soluzione permanente. I membri della WTO hanno concordato di compiere ‘tutti gli sforzi concertati’ per trovare una soluzione permanente all’azionariato pubblico della sicurezza alimentare entro l’ultimo giorno del 2015. Hanno spostato di due anni la data di scadenza della clausola di pace. Questo significa che la decisione dovrebbe emergere dal futuro vertice ministeriale della WTO che si terra’ a Nairobi, in Kenya, dal 15 al 18 dicembre di quest’anno.

C’e’ dunque una breve finestra temporale in cui denunciare l’ipocrisia statunitense nei negoziati e in cui costruire una pressione globale per assicurare che la regola piu’ dannosa della WTO possa essere allineata con il consenso globale a favore dell’impegno dei paesi in via di sviluppo nelle migliori pratiche globali riguardanti le riserve alimentari strategiche, a vantaggio della sussistenza dei contadini, dello sviluppo rurale e del diritto al cibo.

Da Z Net ”’ Lo spirito della resistenza e’ vivo

=”http://www.znetitaly.org/”>www.znetitaly.org

Fonte: =”https://zcomm.org/znetarticle/expose-u-s-hypocrisy-in-wto-talks/”>[https:]

Originale: =”http://www.frontline.in/world-affairs/expose-us-hypocrisy-in-wto-talks/article7188323.ece?homepage=true”>Frontline

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2015 ZNET Italy ”’ Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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(Tratto da: http://znetitaly.altervista.org)

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