Bisogna unire le forze a sinistra e destra che hanno capito il pericolo Euro

L’Intervista esclusiva all’economista francese Jacques Sapirdi Alessandro Bianchi

Jacques Sapir. Economista, direttore del Centre d’Etude des Modes d’Industrialisation (CEMI-EHESS). Autore di ‘Bisogna uscire dall’euro?‘ e ‘La demondialisation‘.
– Professore, Lei e’ stato tra i primi economisti europei ed evidenziare i danni provocati dall’euro ed a chiedere la sua fine. In una delle ultime analisi ha scritto che si tratta di una sorte inevitabile. Secondo Lei, quanto tempo ancora ci vorra’ e da quale paese potra’ partire l’iniziativa? A questo punto bisogna distinguere due problematiche. La prima riguarda l’analisi della situazione economica che l’euro ha creato e delle sue conseguenze. Da ormai quasi tredici anni osserviamo che l’euro non solo non ha prodotto le convergenze macroeconomiche sperate, ma ha invece accentuato le divergenze. L’ho detto a piu’ riprese, e ormai questa mia posizione riscuote consenso tra gli economisti. Constatiamo anche che l’euro rappresenta un enorme freno per la crescita nella maggior parte dei paesi che l’hanno adottato, ad eccezione, ovviamente, della Germania. Per finire, si osserva che l’euro fa aumentare i deficit, tanto interni quanto esteri, e che porta verso un debito sempre piu’ grande dei paesi che sono entrati nell’Unione economica e monetaria. Tutto questo e’ abbondantemente documentato da numerosi autori. Siccome l’euro puo’ funzionare solo in una spirale di impoverimento per la maggior parte dei paesi, ne deduco che e’ destinato a fallire. Ma, qui, abbiamo una seconda problematica: le condizioni che determineranno la fine dell’euro. Tali condizioni possono creare una crisi catastrofica generata sul mercato obbligazionario. Al momento, la situazione resta stabile grazie alla Banca Centrale Europea. Ma la credibilita’ di quest’ultima sta nel fatto che non e’ stata messa alla prova. Prima o poi i mercati testeranno la risoluzione della Bce, e allora Mario Draghi si ritrovera’ fortemente in difficolta’. Queste condizioni potranno anche provenire dalle tensioni politiche crescenti che l’Euro genera sia tra i paesi membri dell’UME, sia all’interno degli stessi, dove le forze anti-europeiste prendono sempre piu’ peso. Queste tensioni potranno ad un certo punto mettere gli attori politici di fronte alla necessita’ di dissolvere la zona euro o di uscire dalla moneta unica. Per quanto mi riguarda, ho sovrastimato la rapidita’ delle evoluzioni finanziarie, sulla base di quello che avevamo conosciuto nel 2008-2009. Ma questo non cambia niente all’analisi di fondo. – Sul suo blog RussEurope, ha ipotizzato ad un possibile ritorno allo Sme dopo l’eventuale dissoluzione della zona euro. Qual e’ secondo Lei la migliore strategia per uscire dall’euro per i paesi dell’Europa meridionale? Un ritorno allo Sme implica che ogni paese ritrovi la propria valuta nazionale. La questione della strategia e’ qui centrale. I paesi dell’Europa del Sud possono scegliere tra prendere la decisione di uscita in modo indipendente o chiedere la dissoluzione della zona euro. Se alcuni paesi, come l’Italia, la Francia, la Spagna dicessero durante un Consiglio Ecofin che sono pronti a lasciare l’euro ma che e’ preferibile lo scioglimento dell’Unione monetaria, questo, visto l’attaccamento dei tedeschi al Marco, verrebbe rapidamente accettato. Sarebbe di gran lunga la soluzione migliore perche’ presa in comune e apparirebbe come una decisione ” europea “.La fine dell”UEM non implicherebbe la fine dell’Unione Europea, tanto meno quella di una cooperazione sulle questioni monetarie tra i paesi in questione. Questa soluzione rimane comunque ad oggi la meno probabile rispetto a quella di un’uscita indipendente di un paese membro, che provochera’, entro sei mesi da quel momento, il collasso della zona euro, ma in un contesto politico assai piu’ conflittuale. – Secondo Lei quanta responsabilita’ hanno i partiti socialisti europei rispetto all’attuale crisi e da quali forze politiche ritiene possibile un cambiamento? La responsabilita’ dei partiti socialisti europei e’ schiacciante. E’ prima di tutto diretta: questi partiti si sono arresi senza condizione davanti alle esigenze della finanza e del capitale; hanno imposto delle politiche di austerita’ inaudite alle popolazioni e sono di conseguenza fortemente responsabili della stagnazione economica che viviamo. Ma resiste anche una responsabilita’ indiretta. Nel pretendere che non esistono altre soluzioni oltre l’austerita’, nel proclamare il dogma dell’euro ed ipotizzando scenari catastrofici nel caso di un’uscita, tali partiti socialisti hanno costruito un discorso politico che blocca la situazione ed e’ parte integrante della crisi. Ragion per cui non si potra’ uscire dalla crisi se non attraverso la distruzione di questi partiti, la loro implosione, e delle ricomposizioni politiche importanti. E’ quello che stiamo assistendo in Francia ed in Grecia. Oggi, bisogna riunire le forze di sinistra e di destra che hanno capito il pericolo che rappresenta l’euro, unirli non in un solo partito ma all’interno di un’alleanza in grado di sostenere una politica di rottura. – Secondo Lei la Francia e’ da considerare un paese dell’Europa del sud o del nord? E quali sono i rischi che il suo paese avra’ di fronte nel 2014? Per essere chiari, per me la Francia e’ un paese d’Europa meridionale. Lo e’ se si guardano tanto le caratteristiche strutturali quanto congiunturali dell’economia e si paragonano ad esempio a quelle dell’economia italiana. La Francia e’ anche culturalmente assai piu’ vicina all’Europa del sud che del nord. Per questa ragione e’ anche piu’ esposta alle conseguenze congiunte delle politiche d’austerita’ portate avanti in Italia ed in Spagna. Finche’ questi tre paesi rimarranno nella zona euro saranno condannati a una concorrenza feroce tra di loro. Al contrario, dal momento in cui ritroveranno la propria valuta nazionale potranno ritrovare margini di manovra importante. – Per concludere, come giudica le vicende della politica italiana dal novembre 2011, quando Mario Monti ha iniziato ad imporre le misure d’austerita’ dell’Europa? La politica di Mario Monti consisteva nel cercare di ottenere dei risultati a breve senza preoccuparsi del dopo. Ha bloccato i pagamenti che lo Stato doveva alle imprese, ha lasciato che il credito crollasse e che gli investimenti si contraessero. Il tutto condanna nel medio periodo l’economia italiana ed e’ il contrario di una politica da “esperto”. La fama da “tecnico” che si costruito e’ del tutto usurpata. Si e’ comportato come uno di quei politicanti di basso livello il cui nome e’ scomparso nelle pattumiere della storia.
(Traduzione a cura di Sandra Vailles)
Per la versione originale dell’Intervista:[www.lantidiplomatico.it] (Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

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