Consumatori senza più segreti: le indagini di marketing ora si fanno in laboratorio

Addio vecchi questionari e interviste: ora i consumatori si studiano con le risonanze magnetiche. L’ultima frontiera delle indagini di mercato, infatti, è il neuromarketing, disciplina volta all’individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali di acquisto, mediante le più recenti scoperte delle neuroscienze. In pratica, per comprendere come e perché ognuno di noi compra un prodotto piuttosto che un altro, ricercatori e aziende sfruttano in misura crescente strumenti tecnologicamente avanzati in grado di penetrare nei meccanismi cerebrali [HelpConsumatori].

 


I primi a sperimentare questa tecnica sono stati gli studiosi del BrightHouse Institute for Thought Science di Atlanta che volevano costruire un nuovo filone di marketing non più basato sulle intenzioni di consumo ma sulle reazioni spontanee di fronte a un prodotto. Le tecniche attualmente più in uso sono: la Fmri ossia la risonanza magnetica funzionale che visualizza l’attività cerebrale mentre il consumatore sceglie; gli elettrodi topomografici che osservano il comportamento delle aree cerebrali coinvolte nelle emozioni alla base delle scelte di acquisto; l’eyetracking che, attraverso una microtelecamera negli occhiali, analizza sguardo e attenzione del consumatore; il biofeedback, un ditale che rileva le alterazioni di corrente o di calore nel dito del consumatore al momento della scelta.

In Italia sono attive nel settore soprattutto l’Università di Padova e la Bocconi di Milano. La prima, attraverso il professore Giuseppe Sartori, docente di neuroscienze cognitive, studia con un software chiamato “autobiographical Iat” le intenzioni reali di acquisto, aggirando le bugie e gli inganni dei consumatori; la seconda, grazie al lavoro della docente Isabella Soscia, indaga le emozioni connesse al consumo, cercando strumenti per aumentarle o diminuirle a seconda della volontà aziendale.

Spiega Enrico Valdani, professore di marketing strategico nell’ateneo milanese, che ha anche organizzato di recente il primo convegno italiano sul neruomarketing: “Oggi tecniche sofisticate ci permettono di interpretare le reazioni del consumatore quando è sottoposto ad uno stimolo; l’obiettivo è di rendere sempre più efficace l’adozione di certi stimoli, così da ridurre il tasso di insuccesso di uno spot, di un prodotto o di un certo tipo di esposizione della merce”.

Negli Stati Uniti questo filone di ricerca ha già trovato applicazione in progetti di marketing che sembrano usciti da un romanzo di Orwell. La società americana Recordant, per esempio, registra le conversazioni dei clienti nei supermercati con un sistema audio digitale posizionato attorno al collo dei commessi, garantendo studi ad hoc in grado di far aumentare le vendite; Nielsen Media, invece, ha avviato, per aziende come Procter & Gamble e Wal-Mart, un monitoraggio che prevede l’uso di sensori all’entrata e all’uscita delle corsie dei centri commerciali per capire come sfruttare al meglio le probabilità di combinazione dei prodotti sugli scaffali.

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