Se la Bolkestein diventa realtà . I casi di Francia e Svezia

Un vecchio detto recita: fatta la legge, trovato l’inganno. A volte invece l’inganno è la legge stessa e non c’è neanche bisogno di aspettare che venga approvata per far pagare dazio ai deboli di turno. E’ quanto sta succedendo in varie parti d’Europa con la direttiva Bolkestein e il suo principio del Paese d’origine che permette agli imprenditori di aggiudicarsi appalti lontani dai propri confini, continuando però ad osservare le leggi e i diritti del Paese di provenienza [Andrea Milluzzi – Liberazione].


Liberazione ha già scritto (marzo 2005) delle irregolarità in un cantiere delle olimpiadi invernali di Torino del 2006, dove una ditta rumena in sub appalto ha tenuto per due mesi i suoi operai a lavorare con uno stipendio di 260 euro per poi levare le tende prima che gli ispettori arrivassero a chiedere chiarimenti. Non è l’unico caso. In Francia a maggio scorso Le Monde riportava la storia di una ditta di 150 operai, dove 100 avevano un contratto portoghese e 50 francese, sebbene lavorassero tutti in territorio francese. Si trattava della Constructel, società di istallazione di pali e cavi telefonici che, ottenuto un appalto da France Telecom nel 2003 ha aperto cantieri nel sud est e nel centro della Francia, per poi ammettere, due anni dopo, che i suoi contratti erano una sorta di ibrido, con i lavoratori “portoghesi” costretti a lavorare fino a 60 ore alla settimana. Vero che guadagnavano fino a 1.500 euro al mese di stipendio, ma vuoi mettere… La vicenda ha sollevato un vero vespaio in Francia con France Telecom che assicurava: «Se capitasse che una società non rispettasse le normative di lavoro francesi gli si toglierebbe l’appalto» e Constructel che si difendeva: «E’ tutto legale perché c’è la possibilità di avere un distacco di mezzi operativi da un Paese all’altro per un periodo di due anni. Quando termineranno trasferiremo i dipendenti sotto contratto francese», come dire: adottiamo sì la Bolkestein, ma a tempo determinato. I due anni non sono ancora scaduti, ma questo non ha impedito ai sindacati di denunciare l’illegalità di quella impostazione: «Siccome non si possono delocalizzare i cantieri, si prendono dei portoghesi per farli lavorare in condizioni di due secoli fa» ha dichiarato a suo tempo a Le Monde Ives Muller, vicepresidente del sindacato Acnet.

Qualche migliaio di chilometri verso Est ed eccoci in Svezia, teatro del primo sciopero contro la Bolkestein. E’ successo nel novembre del 2004 a Vaxholm, un paesino vicino alla capitale Stoccolma. Là la minaccia arrivava dalla Lettonia e precisamente dalla Laval un Partneri Ltd, un’azienda edile che aveva vinto l’appalto per la costruzione di una scuola nel paese svedese. Il problema è sorto quando i dirigenti lettoni hanno rifiutato di firmare un accordo collettivo con i sindacati svedesi dal momento che avevano già sottoscritto un accordo in Lettonia. La differenza stava nelle paghe degli operai: 3, 85 euro all’ora piuttosto che i 15 previsti dagli accordi collettivi svedesi. Byggnads, il sindacato svedese degli edili, ha iniziato così una dura vertenza portata avanti a picchetti e presidi alla fabbrica, durata per tutto il periodo natalizio e conclusa con la decisione della Laval di rinunciare alla scuola e tornare in Lettonia, (dove poi è fallita, ma questa è un’altra storia). Da quella vicenda comunque il governo svedese ha tratto una lezione e ha deciso di rendere illegale la fornitura di appalti pubblici alle aziende che non abbiano sottoscritto gli accordi collettivi: «E’ importante che la nostra vicenda circoli perché è stata la prima mobilitazione contro gli effetti pratici della direttiva Bolkestein» riflette Velyteka, operaio svedese fra i protagonisti dei picchetti di dicembre scorso. Senza alcun nazionalismo, il messaggio svedese è quello riportato nel sito del Byggands: «Noi non siamo contro i lavoratori lettoni o di qualsiasi altra nazione. Vogliamo solamente che i lavoratori lettoni abbiano gli stessi diritti dei lavoratori svedesi». Proprio quello che la Bolkestein vuole smantellare. In tutta Europa. 

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