Un pasticcio costituzionale che spaccherà l"Italia

Quella approvata al Senato il 23 marzo è una pessima riforma costituzionale. Aggraverà la disunione di uno stato che già a fatica riesce a funzionare nel dedalo di autonomie e di poteri, cui si aggiungono ora nuove potestà esclusive delle regioni. Aggraverà la confusione istituzionale nella formazione delle leggi, con effetti perversi sulla democrazia rappresentativa ed esponendo il processo legislativo al ricatto di lobby, gruppi di pressione, corporativismi locali (Il Riformista).


Lungi dal determinare la dittatura della maggioranza che Prodi paventa, provocherà il suo opposto, non meno pericoloso: l”indebolimento, fino al limite dell”incapacità , dell”azione del governo. Ne viene infatti fuori una forma di governo che sembra davvero il vestito di Arlecchino, tanto per dare qualcosa a ciascuna componente della maggioranza, e che non somiglia neanche lontanamente a un nuovo e più moderno assetto istituzionale di cui pure la seconda repubblica aveva ed ha urgente bisogno.

Il modo in cui il parlamento è arrivato a questo esito è poi altrettanto preoccupante. Mai come in questo caso il golfo che divide maggioranza da opposizione è stato così ampio. Quando l”opposizione diserta il voto, espone il tricolore polemicamente, e annuncia di voler spazzare via le nuove norme con un referendum popolare, è evidente che la finalità stessa del dettato costituzionale – fissare regole del gioco valide per tutti e accettate da tutti – è andata a farsi benedire.Chi, come noi, ha sempre polemizzato con il conservatorismo istituzionale che alberga e spesso prevale nel centrosinistra – ci ha fatto piacere che sia Prodi che D”Alema abbiano ieri ricordato che l”Ulivo è pur sempre e originariamente favorevole al premierato forte – non può non rilevare che lo scontro cercato dalla maggioranza per dare soddisfazione a Bossi è il modo peggiore di procedere in queste materie.

Esattamente come la riforma del Titolo V ad opera dell”Ulivo, fatta in finale di legislatura, fu il modo peggiore e più pasticciato di affrontare il tema del decentramento istituzionale. Di questo passo si disfa la vecchia Italia (bene) senza farne una nuova (malissimo). Di questo passo si va a un referendum che – questo sì – spaccherà l”Italia tra nord e sud, tra destri e sinistri. Di questo passo si conferma l”anomalia dell”Italia, dannazione di una transizione che non finisce mai e che non trova mai una classe dirigente degna di questo nome in grado di farla finire.

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