Vertice Johannesburg: governi occidentali “latitanti�


Il Vertice sullo Sviluppo sostenibile tenutosi in Sudafrica tra il 26 agosto e il 4 settembre – a dieci anni da quello di Rio de Janeiro – è riuscito per lo meno a sensibilizzare tanti e ad interessare i media. Ma l’inarrestabile degrado dell’ambiente, l
‘ampliarsi del divario tra ricchi e poveri, l’aumento della miseria nel mondo avrebbero richiesto ben altra risposta. Si tratta di un’emergenza vera, e lo aveva denunciato anche la Banca Mondiale [Bm] nel suo rapporto pubblicato alla vigilia del vertice. Dal 1970 ad oggi i venti paesi economicamente più avanzati sono diventati 30 volte più ricchi delle venti nazioni più povere; il 40% della popolazione mondiale sta andando incontro ad una severa scarsità di acqua, particolarmente nell’Africa del Nord e nell’Asia occidentale.
Negli anni novanta il 2,4% delle foreste del mondo è andato distrutto minacciando ecosistemi e biodiversità ; le emissioni di gas nocivi nell’atmosfera sono andate aumentando e il livello dei mari è salito a causa del surriscaldamento della terra; la
domanda alimentare è in crescita mentre la capacità produttiva agricola è in diminuzione.
Sorprendentemente in linea con la richiesta di molte ong, la Bm aveva fatto appello alle autorità politiche internazionali e ai rappresentanti del settore privato prima del
vertice per intraprendere la riforma del sistema del commercio mondiale e per eliminare i sussidi all’agricoltura nei paesi ricchi, misure ritenute essenziali per alleviare la povertà . Ma il vertice di Johannesburg non ha saputo raccogliere la sfida della presente emergenza e di conseguenza non è stato capace di dare l’atteso segnale forte per un cambiamento di rotta dell’attuale modello di produzione e di consumi. ‘I leader del mondo, soprattutto la superpotenza degli Stati Uniti, hanno dimostrato di non essere ancora in grado di subordinare i limitati interessi nazionali alla causa più grande della
salvaguardia del pianeta’. Il commento di un giornale locale – in contrasto con la propaganda del governo sudafricano che celebrava l’evento – sintetizza il pensiero di tanti, di parecchi rappresentanti dei paesi in via di sviluppo, in modo particolare della stragrande maggioranza delle ong che invano hanno tentato di far sentire la loro voce nella lussuosa cittadella di Sandton in Johannesburg dove si è svolto il vertice. Amici
della Terra, Greenpeace e altre ong presenti hanno accusato l’Organizzazione mondiale del commercio [Omc] di aver dirottato il processo del vertice. Il testo della Dichiarazione di
Johannesburg e il Piano di azione scaturiti dal vertice non lasciano dubbi sullo sproporzionato ruolo esercitato dalle nazioni più ricche e dalle grandi imprese nelle
decisioni finali riguardanti lo sviluppo sostenibile. La risoluzione sulla questione dell’ energia è il caso che meglio evidenzia la fondatezza di tali accuse. Stati Uniti, Australia, Giappone e i paesi esportatori di petrolio riuniti nell’Opec si sono opposti
all’approvazione della proposta di finanziare la produzione di energia generata da fonti rinnovabili, mentre continueranno a sovvenzionare il settore industriale dei combustibili.
La proposta avanzata da Brasile ed Europa di incrementare la produzione energetica pulita fino al 10% avrebbe contribuito a combattere i disastrosi cambiamenti climatici causati
dall’aumento di emissioni di gas dalla combustione di idrocarburi e provvisto l’energia elettrica a due miliardi di persone che oggi ne sono sprovviste. In controtendenza all’ inflessibilità Usa, Cina prima e Russia poi si sono impegnate a sottoscrivere il
protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni nell’atmosfera. E nella sessione finale del vertice, trenta paesi guidati dall’Unione europea hanno dichiarato il loro
impegno a continuare la promozione di fonti energetiche rinnovabili.

Al riguardo delle regole del commercio internazionale, Stati Uniti e Ue hanno bloccato ogni progresso verso l’eliminazione di sovvenzioni alla produzione e all’esportazione di prodotti agricoli. Sussidi del valore di un miliardo di dollari al giorno ai produttori agricoli del Nord del mondo impediscono di fatto l’accesso al mercato dei prodotti agricoli dei paesi in via di sviluppo, e compromettono seriamente la produzione agricola e
la sicurezza alimentare nei paesi del Sud. La Dichiarazione finale di Johannesburg si limita a ripetere la Dichiarazione ministeriale di Doha [l’ultimo vertice Omc], affidando la soluzione del problema ai negoziati per l’Accordo sull’agricoltura. Un passo in avanti è stato compiuto con l’approvazione, nel Piano di azione, della proposta di fornire acqua potabile e sistemi igienici adeguati a circa mezzo miliardo di persone entro il 2015.
Un impegno concreto con obiettivi e scadenze – il 2015 – è stato approvato al fine di salvaguardare il patrimonio ittico dei mari e ripristinarne la pescosità là dove è stata distrutta da sistemi di pesca irresponsabili. Sulla questione del debito estero è stato fatto un passo indietro rispetto alla bozza del Piano di azione. Il testo finale suggerisce l’opportunità
di stabilire un meccanismo arbitrale in materia di debito, ma non vi è alcun riferimento al ‘meccanismo internazionale di uscita dall’indebitamento’ auspicato dalla Conferenza sul
finanziamento dello sviluppo di Monterrey, in Messico lo scorso marzo. Il vertice di Johannesburg avrebbe dovuto diventare il compimento della conferenza di Rio de Janeiro del 1992. Per conseguire lo sradicamento della povertà attraverso un modello di sviluppo ecologicamente sostenibile – tale era il fine dichiarato del recente vertice – occorreva un piano di azione elaborato con obiettivi e scadenze precise, impegni concreti a
finanziare i programmi e meccanismi di monitoraggio per assicurare l’attuazione di questi impegni. I risultati non sono stati all’altezza delle aspettative. La maggioranza delle
risoluzioni approvate a Johannesburg rimangono suggerimenti, senza obbligo di attuazione, lasciati alla buona volontà dei governi. D’altro canto, il dibattito e la copertura
mediatica del vertice, delle tante iniziative delle ong svoltesi nell’area fiera di Nasrec a sud di Johannesburg, della marcia dei senza terra e del movimento contro la privatizzazione dell’acqua e dell’elettricità dalla baraccopoli di Alexandra ai quartieri lussuosi di Sandton, hanno creato una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica della connessione tra sviluppo economico-sociale e tutela dell’ambiente. Infine, il tortuoso processo di negoziati che ha mancato di produrre risultati più concreti nelle decisioni finali ha messo in evidenza con chiarezza maggiore come il cambiamento non può venire dall ‘alto: i paesi ricchi e i poteri economici e finanziari non sono disposti a cambiamenti che compromettano i loro interessi. Il compito per la trasformazione dell’attuale modello di sviluppo, che distrugge l’ambiente e fa crescere la povertà nel mondo, spetta principalmente alla società civile, alle organizzazioni non governative, ai sindacati e, perché no, alle chiese e alle religioni. Il cammino verso uno sviluppo economico
ecologicamente sostenibile diventa possibile soprattutto attraverso lo scambio continuo di informazione, l’identificazione di strategie comuni e la collaborazione tra le varie
espressioni della società civile impegnata. [di Efrem Tresoldi ©] [NIGRIZIA]

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