Il cavaliere elettrico che sfida lo smog


Parla Cesare Ceccangeli, presidente del Consorzio di aziende che – tra Padova, Albignasego e Vigonovo – costruiscono auto e scooter non inquinanti Il cavaliere elettrico che sfida lo smog
«200 mila km con un pieno e zero emissioni. Ma l’impero del petrolio ci boicotta»

di Gianni Favarato

PADOVA. «Il cavaliere elettrico» è un vecchio film di Sidney Pollack con Redford e la Fonda. Ma potrebbe essere anche l’appellativo giusto per Cesare Ceccangeli, sessantadue anni, appassionato anche lui di cavalli quanto di scooter e auto, rigorosamente elettrici – amico di Beppe Grillo e a sua volta paladino delle «energie pulite e rinnovabili», quelle che potrebbero sostituire i derivati del petrolio e liberare le nostre città dalla malefica morsa dello smog. Ceccangeli è il titolare della Celco Profil di Vigonovo e presidente del Consorzio Cve che raduna altri quattro produttori di veicoli elettrici, due dei quali padovani: l’Adel Group di Albignasego e la Millenium di Padova. «Tutte aziende» dice il ‘cavaliere elettrico’ «destinate a morire nella culla se la lobby del petrolio continuerà a imporre il suo strapotere sul pianeta». Sperimentare e costruire mezzi di trasporto che rispettino l’uomo e l’ambiente [e non il contrario come accade oggi] è il suo motto. E da buon cavaliere, malgrado le delusioni, non smette di battersi.
Nato a Terni nel 1940, Cesare Ceccangeli, diplomato in elettronica, ha iniziato subito a lavorare nel campo dei prodotti elettrici, prima a Ferrara, poi a Milano e a Casale Monferrato. Nei primi anni Sessanta ha deciso di trasferirsi in Veneto, una regione alla vigilia di uno «sviluppo promettente», la terra di sua madre, Giuseppina Menegon di Meolo. Nel 1975 si è stabilito a Padova e poi a Vigonovo dove, aiutato dal padre, ha avviato un’azienda specializzata in contenitori per le schede elettroniche delle nascenti radio libere.
La grande «svolta» è arrivata negli anni Ottanta, quando ha conosciuto Settimo Eliseo, un esperto in motori elettrici. Insieme hanno deciso di concentrarsi sui motori alternativi a quelli «endonotermici» [a scoppio] alimentati da benzina, gasolio, metano o gpl. Lui ed Eliseo sono stati i primi a realizzare in Italia il «motore vettoriale», una tecnologia messa a punto in Giappone grazie alla quale le auto a trazione elettrica possono raggiungere velocità maggiori con un’autonomia più elevata e la garanzia di percorrere fino a 20 milioni di chilometri senza bisogno di ricambi.
La sua piccola azienda è la «Ferrari» dei motori elettrici: nel 1991, alle «12 Ore di Padova», ha vinto il primo premio sbaragliando anche i prototipi di auto elettriche targate Fiat, Consiglio nazionale delle ricerche, Enea. Nel 1995 l’auto da corsa progettata e realizzata dalla Celco vince il campionato mondiale E 1, la Formula 1 dei motori elettrici e silenziosi che corrono a oltre 200 km l’ora. Non contenta, nel 1996 la Celco si mette a costruire anche scooter elettrici e nel 1997 vince la «12 Ore» a Torino in tutte le categorie di moto. Tanti successi, però, non sono bastati. Le grandi case automobilistiche continuano a relegare al ruolo di «mascotte» le auto elettriche e le amministrazioni pubbliche le esibiscono come prova di buona volontà ma senza prenderle sul serio.
Tant’è che la Celco Profil ha realizzato solo due grandi consegne: quasi mille scooter elettrici e decine di colonnine di rifornimento alla polizia municipale di Firenze e altri duecento a Torino. Per il resto, il mercato ristagna e, come fa osservare Ceccangeli, in modo particolare a Padova, Venezia e nel resto del Veneto, dove l’utilizzo dei veicoli elettrici langue più che altrove, nonostante la presenza di aziende specializzate proprio nel settore dei motori «puliti» e quasi eterni.
Un bilancio deludente?
«Io amo l’ambiente e l’uomo, in tutti questi anni di attività nel campo dei motori elettrici ho visto tanti sogni avverarsi e non mi sono mai sentito solo. La delusione nasce dal fatto che il mercato ha paura delle energie e dei motori alternativi capaci di sostituire quelli alimentati a benzina o da altri derivati del petrolio. Ha ragione il professor Rubbia: oggi gli scienziati hanno messo a punto soluzioni ottimali in campo energetico ma non vengono ascoltati. Eppure basterebbe un’efficace politica d’incentivi statali, con sgravi fiscali, leggi appropriate e un’adeguata rete di rifornimento a livello nazionale».
La lobby del petrolio è ancora così potente?
«Il mercato è ancora in mano loro e i poteri pubblici subiscono. Basti pensare al fiasco del vertice mondiale sull’ambiente a Johannesburg. I governi si sono lasciati intrappolare nella rete delle multinazionali che continuano a dettare legge».
Eppure il nostro ministro dell’Ambiente è andato a Johannesburg e ha ribadito l’impegno ad incentivare l’uso delle energie pulite…
«A quanto mi risulta, i finanziamenti destinati a suo tempo dall’ex ministro Ronchi per sviluppare l’uso del mezzo elettrico sono finiti per tre quarti a sostegno dei carburanti tradizionali, anche se a minor impatto ambientale, e in incentivi ai cittadini per convertire a gpl o metano le loro auto».
Meglio gpl e metano che benzina e gasolio. Non è d’accordo?
«Ricordiamoci che gpl e metano inquinano l’aria a loro volta, anche se in misura minore rispetto a benzina e gasolio. Meglio sarebbe utilizzarli per ottenere idrogeno col quale alimentare un motore elettrico a celle combustibili, l’unico in grado di cambiare veramente la situazione dal punto di vista ambientale. Non solo. Con un motore elettrico non solo le emissioni e i rumori inquinanti spariscono del tutto, ma anche le spese per i ricambi e i controlli in officina praticamente si annullano».
E i rifornimenti?
«Se ci fosse la volontà di sviluppare i motori elettrici e si aiutasse la ricerca, il problema sarebbe presto superato. Le grandi case automobilistiche, se vogliono, possono costruire batterie piccolissime con una grande resistenza, com’è stato fatto per i telefoni cellulari e i computer portatili. Invece, continuano a sottovalutare i motori elettrici, col risultato che i pochi mezzi in circolazione costano ancora troppo, sono poco evoluti e privi di una rete di rifornimento di carburanti alternativi sul territorio».
In Germania, però, la Bmw ha presentato un’auto all’idrogeno che raggiunge i 200 km all’ora. Anche l’Aprilia sta lavorando sui motori all’idrogeno, come pure la General Motors. Qualcosa si muove?
«Sì, la Bmw ha presentato un’auto a idrogeno applicata però al vecchio motore a scoppio che ha un alto consumo e un bassissimo rendimento. In realtà esiste una tecnologia molto più avanzata che utilizza fonti energetiche pulite e inesauribili».
Di che si tratta?
«Delle ‘fuel cell’, le celle al combustibile già utilizzate nell’industria aerospaziale. Sono alimentate a idrogeno e conferiscono al motore elettrico una resa molto elevata con un consumo bassissimo. Già oggi siamo in grado di produrre scooter e auto all’idrogeno che possono funzionare con una pallina di carburo che si può infilare in tasca o altre sostanze che contengono idrogeno. La General Motors, per esempio, sta lavorando alle fuel cell a basso consumo d’idrogeno e l’Audi sta sperimentando i nanotubi, una tecnologia in grado di garantire una quantità d’idrogeno che permette di percorrere, senza altri rifornimenti, fino a 200 mila chilometri».
Duecentomila chilometri con un solo pieno?
«Proprio così. Per questo è difficile accettare che a regnare nel mondo sia ancora l’auto col vecchio e superato motore a scoppio che utilizza solo il 22 % della benzina o del gasolio immagazzinati nel serbatoio e il resto lo disperde in calore e inquinanti tossici e nocivi che avvelenano i nostri polmoni. Il motore elettrico è un’altra cosa: ha un rendimento del 97%, è silenzioso e scarica nell’aria dell’innocuo vapore acqueo. Ma sul mercato non decolla».
Forse manca un’adeguata pubblicità al prodotto…
«Negli ultimi vent’anni abbiamo organizzato decine di convegni, promozioni, gran premi, concorsi e colloqui con gli operatori del settore, i cittadini e gli amministratori. Nulla da fare. Un esempio: quando abbiamo battuto la Fiat alla ’12 ore’ di Padova, siamo stati convocati a Torino; è la volta buona, pensavamo. Invece, dopo essersi complimentato, un dirigente del dipartimento energie alternative ci ha spiegato che il nostro motore non aveva futuro, rispedendoci a casa col consiglio di starcene buoni».
E gli enti locali?
«Fanno finta di ascoltarci, e poi niente. A Padova e Venezia, tanto per restare a casa nostra, i motori puliti non interessano. Gli scooter siamo costretti a sponsorizzarli io e mia figlia in Riviera del Brenta».
E il Governo che fa?
«Recentemente ho chiesto un incontro al ministro Matteoli e ho parlato anche con Tremonti, che si era mostrato sensibile all’argomento».
Le hanno risposto?
«Ho incontrato un’assistente di Matteoli, alla quale ho spiegato le difficoltà che incontrano i costruttori di veicoli elettrici. Lei ha promesso l’interessamento del ministro. Da allora tutto tace».
Si arrende?
«No, aspetto che siano loro ad arrendersi all’evidenza».

Fonte: IlMattino di Padova di domenica 8 settembre 2002

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