‘Libro nero delle firme’: processo alle multinazionali


‘Libro nero delle firme’: processo alle multinazionali

Due giornalisti austriaci compilano un lungo e dettagliato elenco dei peccati e degli abusi delle multinazionali: Adidas, Nike, Mc Donald’s, Nestlé, Chicco e Disney, non si salva nessuno.
di Michela Coricelli

Dalle “fabbriche del sudoreâ€� del Sud del mondo escono jeans, palloni di cuoio, computer e scarpe da ginnastica. Prodotti perfetti, cuciture impeccabili, saldature fatte al microscopio, costate migliaia di ore di lavoro a un’invisibile massa di 12 milioni di ragazzini. Tutti sotto i 14 anni. Due giornalisti austriaci, Klaus Werner e Hans Weiss, hanno passato in rassegna i vizi e le vergogne delle più grandi multinazionali del mondo, una summa esplosiva pubblicata nel Libro nero delle firme, pubblicato da Deuticke in Austria, Germania e Svizzera. Una lista nera che svela senza pietà le macchie delle grandi firme incollate addosso all’Occidente.
Orari di lavoro disumani [vicini alle 20 ore] e guadagni da fame non sono gli unici problemi delle grandi fabbriche impiantate in Indonesia, in Birmania o nel Salvador. In alcune industrie-lager, le donne con le mestruazioni non possono lavorare per due giorni: non hanno i soldi per comprare assorbenti igienici, ma nelle fabbriche non ci sono bagni a sufficienza, e le operaie sono costrette a strasene a casa. Naturalmente senza paga. Molte decidono di andare comunque a lavorare, e si vestono con ampi vestitoni neri per mascherare le macchie di sangue. Le multinazionali passate in rassegna dalla coppia di giornalisti non disdegnano nemmeno rapporti stretti con i dittatori del Sudan, o con i signori della guerra in Congo.
Un dettagliato elenco di marchi e firme prestigiose, si trasforma così in una lunghissima denuncia.

Campo tessile e sportivo
Secondo Werner e Weiss, grandi imprese che fatturano qualcosa come 6 miliardi di euro [12mila miliardi di lire], mettono alle macchine da cucire ragazzini dai 13 anni in giù, capaci di confezionare 80 magliette per 10 euro al giorno [20mila lire]. Il 90 per cento dei capi di abbigliamento dei nomi più alla moda, si fabbricano a prezzi irrisori nelle zone franche del commercio, dall’America Latina al Sud Est asiatico alle regioni più povere dell’Europa orientale.

Nei grandi stanzoni di Formosa [in Salvador], donne e ragazzini cuciono 80 t-shirt firmate Adidas ogni ora, con un salario giornaliero inferiore ai 9 dollari. Gli straordinari sono obbligatori, così come le analisi per accertarsi che le operaie non siano incinte.
La Nike, secondo il Libro nero delle firme, è un altro eccelso esempio di diritti negati: dalla manodopera infantile, agli abusi sessuali alla mancanza di regole igieniche. E’ nelle fabbriche Nike indonesiane che vengono registrati gli episodi più triti relativi alle donne e al loro igiene.

Giocattoli e articoli per l’infanzia
E’ proprio in questo campo, apparentemente più innocuo, che si registrano gli avvelenamenti e le morti più frequenti. I paesi più a rischio sono la Cina e il Vietnam, dove milioni di bambini lavorano per fabbricare bambole e oggetti di plastica 18 ore al giorno, con uno stipendio mensile di 80mila lire. Secondo la Commissione Christian Industrial di Hong Kong, la Disney – nelle sue fabbriche del Sud Est asiatico – costringe i minori e le donne a condizioni disumane di lavoro, con una paga che oscilla fra i 38 e i 63 euro al mese.
Dopo la pubblicazione di questo rapporto choc sono scattati numerosi licenziamenti.
Il caso della Chicco, invece, una delle 12 firme della multinazionale Artsana, è ancora più eclatante: nel 1993, 87 persone della fabbrica cinese Zhili Handicraft morirono fra le fiamme di un terribile incendio. Non riuscirono a scappare perché le finestre erano sbarrate e non esistevano uscite di emergenza: misure mortali per evitare che le operaie rubassero i prodotti della fabbrica.

Alimentazione
Le multinazionali alimentari che spiccano nel Libro nero delle firme sono Chiquita, Mc Donald’s e Nestlè . La compagnia delle banane, vicina al monopolio in Honduras e Costa Rica, paga i suoi lavoratori 30 euro alla settimana [60mila lire]. Le condizioni dei contadini sono al limite della fame. Si registrano anche diversi casi di morte per avvelenamento da pesticidi.
Mc Donlad’s, obiettivo veterano delle campagne no global, è nel mirino di Werner e Weiss sulla base delle denunce di Greenpeace: colpevole di aver deforestizzato selve vergini, e di aver ingrassato i polli di soja manipolata geneticamente.
Quanto alla Nestlè, la multinazionale svizzera con oltre 500 fabbriche in tutto il pianeta, non si è ancora giustificata dopo la denuncia dell’Unicef per lo sfruttamento di 20mila bambini del Mali venduti come schiavi nelle grandi piantagioni di cacao africane.

Il mercato petrolifero e le fabbriche di automobili, dalla Birmania al Sudan, e quello elettronico [in particolare il commercio del metallo del tantalo] frutterebbero alle multinazionali occidentali milioni di dollari, a patto di oscuri accordi con signori della guerra sudanesi e congolesi.

[15 NOVEMBRE 2001, ORE 14,45]

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