Quel ‘crinale’ del terzo figlio


QUEL CRINALE DEL TERZO FIGLIO

Marina Corradi Avvenire
Mercoledi 01 Agosto 2001

Una breve nota dell’Istat dà conto che nel 2000 quasi otto milioni di italiani erano definibili poveri, al di sotto cioé della linea della ‘povertà relativà, un milione e 569 mila lire al mese per i consumi di due persone. un’altra consistente parte della popolazione, quasi tre milioni di italiani, erano secondo l’Istat in stato di ‘povertà assolutà: sotto il milione e 55 mila lire al mese di consumi per due persone.
l’incidenza della povertà ‘relativà, rassicura la nota dell’Istat, é sostanzialmente stabile, essendo passata dall’11,9 per cento del ’99 al 12,3 del 2000. Ma significativo é andare a scoprire, nelle varie tipologie familiari, quali sono quelle a maggiore rischio povertà . Le famiglie più facilmente povere sono quelle con tre o più figli minori: il 25,5 per cento dei nuclei familiari di questo tipo sono ‘relativamente poveri’, e addirittura il 33 per cento di quelli residenti nel Sud. l’avere tre figli, insomma, é un fattore ad alto rischio povertà ; il figlio consuma risorse, e dà diritto solo a risibili assegni familiari. Un terzo figlio appesantisce il bilancio e trascina verso la soglia della povertà una famiglia che sarebbe altrimenti economicamente tranquilla. Forse per questo la maggior parte degli italiani si guarda bene dal metterlo al mondo.
Dopo il primato delle famiglie numerose, l’altra categoria facilmente povera é quella delle coppie ultrasessantacinquenni: lui, lei e una pensione. Questo tipo di famiglia vede aumentare l’incidenza della povertà in maniera significativa: tra le coppie anziane, 20 su cento sono povere, contro il 17 per cento del 1999. Anche questo fa riflettere. Gli ultrasessantacinquenni sono una fascia di popolazione in costante aumento in tutti i Paesi occidentali. Con l’aumento della durata della vita, cresce una popolazione di poveri, aggrappati ai margini della società dei consumi.

Ma un altro elemento ancora, fra le cifre dell’Istat, fa pensare: la percentuale delle famiglie povere, come sempre molto più alta al Sud, aumenta quest’anno al Nord – dal 5 al 5,7 per cento. Come spiegarlo? La ‘soglia di povertà ‘, afferma l’Istat, viene calcolata non solo sulla base dell’aumento dei prezzi al consumo, ma anche della crescita reale della spesa delle famiglie. Nel 2000 si é osservato un generale aumento della spesa per i consumi, particolarmente accentuato fra i più abbienti. E l’aumento delle famiglie ‘povere’ sarebbe in realtà dovuto a nuclei che conservano o migliorano il loro standard di vita, ma non seguono il passo dei consumi dei più ricchi. Poveri, insomma, più nel confronto coi vicini di casa che in assoluto.
Tuttavia questa povertà relativa riguarda soprattutto ‘certi’ italiani: chi insiste ad avere figli, chi é vecchio o si prende in casa un vecchio, che lo tira al di sotto della fatidica ‘soglià. Questa povertà non eclatante, questa povertà poco visibile e che in effetti si fatica a vedere, sommersi come siamo da spot di cellulari e auto di lusso, non é argomento da beneficenza o oggetto di interventi di buon cuore. Questa povertà inflitta a chi accoglie figli o un vecchio, che lascia indietro chi non si piega alla logica dell’individualismo consumista, é una questione eminentemente politica. Si tratta di decidere, al di là di tante lamentazioni sulla denatalità , quale società si vuole incoraggiare: quella dei ‘Dink’ [Double income, no kids, doppio stipendio e nessun bambino, la tendenza dominante dell’Occidente], o quella di chi si fa carico di due, tre figli, e magari anche di un nonno. Certo, i Dink consumano, consumano tanto. Ma chi pagherà per le loro pensioni, chi se ne prenderà cura quando avranno settant’anni? Scivoleranno alla fine nella china della ‘povertà relativà, allargatasi nel frattempo a buona parte di una popolazione coi capelli bianchi? è adesso, ed é già tardi, il momento di decidere cosa si vuole, con scelte concrete che non spingano all’emarginazione chi, coi suoi figli, decide che vale la pena di continuare. è ora, che bisogna sapere pensare oltre i mesi e i pochi anni, più in là , in quell’oltre, che sembra uscito dai pensieri di questa generazione.

Marina Corradi

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